Irpef, salta il super acconto ma si rischia la manovrina

Saccomanni rinuncia all'aumento al 100% dell'anticipo sulle tasse per coprire il rinvio dell'Iva. Si va verso una correzione dei conti in autunno dello 0,5% del pil

Irpef, salta il super acconto ma si rischia la manovrina

Roma - Tramonta l'aumento dell'acconto Irpef e Ires e per finanziare il rinvio dell'Iva. Al posto del super anticipo delle imposte (anche superiore al 100%) che il ministero dell'Economia aveva messo a copertura dello slittamento della stangata Iva (in luglio l'aliquota ordinaria sarebbe dovuta passare dal 21 al 22%), lo stesso dicastero sta pensando di mettere tagli alla spesa. Tutti da definire e difficili da calibrare visto che si tratta dell'anno in corso, ma sicuramente più digeribili dal punto di vista politico rispetto ai super acconti. Soprattutto per il centrodestra.
Contro la vecchia copertura, una specie di anticipo chiesto ai contribuenti per finanziare il rinvio in attesa della riforma, si erano scagliati aziende e il Pdl. Le soluzioni sarebbero dovute arrivare alla cabina di regia di mercoledì, che è stata rinviata per lo stop ai lavori parlamentari chiesto dallo stesso Popolo della libertà. Al prossimo vertice, ancora da decidere la data, il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni e la maggioranza dovranno sciogliere gli ultimi nodi.
Già fissata la data per l'altra cabina di regia, quella che dovrà definire le coperture e le caratteristiche della nuova Imu, alla quale parteciperà anche il premier Enrico Letta. Su entrambi i temi il Pdl ha deciso di dare battaglia fino in fondo. La sentenza sprint della Cassazione su Silvio Berlusconi e i mal di pancia che ha causato hanno di fatto rafforzato il potere contrattuale del centrodestra nel governo sui temi economici. Situazione ben presente a Palazzo Chigi, che mercoledì, mentre il Pdl minacciava l'Aventino, ha deciso di imprimere un'accelerazione su coperture e riforme fiscali.
È di ieri un'indiscrezione di stampa su una manovra correttiva in ottobre chiesta dall'Unione europea a causa del Pil del 2013, molto inferiore rispetto alle previsioni. La crescita dell'anno in corso si dovrebbe attestare a meno 2%, contro il meno 1,3% della previsioni sul quale concordavano sia Roma sia Bruxelles. E quindi il rapporto tra il deficit e il Pil salirebbe sopra il limite dei tre punti. Ma proprio la Commissione europea ieri ha smentito. Ipotesi «puramente speculative», ha affermato il portavoce del commissario agli Affari economici Olli Rehn.
Bocche cucite nel governo. «Non è al momento prevista», ha tagliato corto il ministro del lavoro Enrico Giovannini. Sibillino il responsabile dello Sviluppo Flavio Zanonato: «Lo avete scritto voi», ha detto rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se ci sarà una manovra autunnale. Per il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi «dobbiamo smettere di pensare ogni volta a quello che ci chiede Standard&Poor's o l'Europa. Dobbiamo pensare alle cose che dobbiamo fare e credo che l'Ue non ci chiederà nessuna manovrina». Silenzio dal dicastero dell'Economia e dalla presidenza del Consiglio.
In realtà la correzione non viene esclusa dal governo. Non ci sono diktat di Bruxelles in questo senso, ma nelle tante simulazioni sulle coperture fatte in questi giorni, c'è anche lo scenario che comprende una correzione di mezzo punto di deficit. A salvarci potrebbe essere lo stesso Def che ha sottostimato il calo del Pil, perché potrebbe contenere una previsione di spesa per interessi sul debito pubblico, che potrebbe essere sovrastimata, grazie alla cura anti spread della Bce.

Se così fosse, e il governo non lo esclude, non ci sarebbe bisogno della correzione. Così, gli spazi già angusti per altri interventi - Iva, Imu, cuneo fiscale, patto di stabilità interno - non si ridurrebbero ulteriormente.

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