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"L’errore di scartare la pista dei legami tra la strage e la sua ultima indagine"

La presidente della commissione Antimafia: "Anche oggi moltissimi rischi sui lavori pubblici, ma i protocolli renderanno più difficili le infiltrazioni"

"L’errore di scartare la pista dei legami tra la strage e la sua ultima indagine"

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Chiara Colosimo, Fdi, presidente della commissione Antimafia, a tutto campo sulle nuove rivelazioni derivanti dalle nuove declassificazioni.

Presidente, più che la «trattativa Stato-mafia», viene fuori lo spiccato interesse della mafia per gli appalti statali. Questo si deduce dal discorso di Falcone...
«Un discorso, questo del Castello Utveggio, di una attualità e di una chiarezza sconvolgente. Ancora una volta da queste parole utilizzate dal giudice emerge una capacità di anticipare i grandi temi ed i grandi affari di Cosa nostra. Quel “siamo intimamente convinti” ci riporta alla mente quella bella immagine dello stesso Falcone e di Borsellino, uniti, direi granitici, nello scoprire quello che noi solo oggi abbiamo chiaro: Cosa Nostra, allora, e la Ndrangheta oggi, bramano soldi e potere, e questo passa dalle infiltrazioni nell’economia legale».

Pnrr, Olimpiadi Milano-Cortina e Giubileo. Quali rischi per gli appalti?
«Moltissimi, e ce lo dice proprio Falcone, ma sono certa che sia interesse di tutti che tali possibilità di sviluppo e crescita non si trasformino in più opportunità per la criminalità organizzata. Diversi protocolli in seno alle prefetture sono già operativi e utili, se a questi si aggiungerà la responsabilità della PA credo che saremo capaci di rendere difficile ogni tentativo di infiltrazione».

Dal lavoro della commissione Antimafia, si deduce che la morte di Borsellino abbia ancora oggi dei contorni poco chiari. Che idea si è fatta?
«Che molte cose, viste con gli occhi di oggi, hanno un significato diverso e per certi versi inspiegabile. Penso, inoltre, a quel senso di solitudine provato da quell’uomo in prima fila nella lotta alla mafia. Il lavoro della commissione in questa fase è ricostruire una verità storica che ritengo fondamentale facendo luce sui 57 giorni che dividono la strage di Capaci da quella di via D’Amelio, far emergere il perché del nido di vipere e i motivi di finti pentiti e depistaggio. Lo dobbiamo all’uomo, al marito, al padre e al magistrato che ha segnato la lotta alla mafia e la storia d’Italia».

Rimangono i dubbi sugli accertamenti compiuti nelle ore successive alla strage. Lei ha desecretato alcuni verbali relativi agli accessi eseguiti presso l’abitazione e l’ufficio di Borsellino. Quali conclusioni?
«Rimane la sensazione che non si sia voluto considerare la possibilità che la strage fosse da ricondurre alle indagini che Borsellino, seguendo le orme del suo amico Falcone, stava portando avanti in quei giorni così drammatici sul connubio illecito tra mafia, imprenditoria e politica. Risulta chiaramente dal rinvenimento all’epoca di un biglietto manoscritto personalmente da Borsellino, che uno degli ultimi atti da lui compiuti prima di lasciare il suo ufficio, in data 18 luglio, è stato quello di prelevare un fascicolo riguardante l’omicidio di un imprenditore che non aveva voluto accettare di entrare in quel sistema criminale».



Perché il discorso di Falcone era conosciuto e pubblicato solo in parte, come se lo spiega?
«Era un discorso fatto in sede ristretta ai prefetti, ai dirigenti delle forze di polizia e agli amministratori; tranne i presenti, nessuno ne aveva contezza (tranne Radio Radicale) ma quando l’ho ricevuto da Caltanissetta mi ha colpito e la stessa procura subito ha capito l’utilità di rendere libero quel discorso».

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