RomaGiulio Tremonti è il miglior ministro dellEconomia e delle Finanze dEuropa, se non del mondo. Ma non deve «fare male a se stesso» e quindi deve rinunciare a richieste tipo quella di fare il vicepresidente del Consiglio. Parola di Renato Brunetta, che si autodefinisce il suo «più feroce antagonista», ma contemporaneamente elenca i pregi delle politiche di Tremonti. Contro di lui, assicura, non cè e non cè stata nessuna congiura. Tutto nasce dal discorso sul posto fisso. «Una stupidaggine», che Tremonti stesso ha ridimensionato. Poi cè stato solo un dibattito, «doveroso» su come superare questo ultimo pezzo di crisi. Nessun attacco da parte dei colleghi, solo un «disagio psicologico», immotivato. Per il ministro della Pubblica amministrazione, tutti devono comunque avere presente che la decisione ultima spetta a Silvio Berlusconi. E che lunica alternativa a questo equilibrio sono le elezioni.
Ministro, siamo alla pace nel governo?
«Né ricucitura né melassa. Siamo sempre alla ruvida realtà».
E allora ci spieghi gli attriti con Giulio Tremonti.
«Io sono il più feroce antagonista di Tremonti. Sono ministro, economista e professore e non sono un particolare estimatore di Tremonti. Ma dico che ha fatto la migliore politica economica dei paesi occidentali e lha realizzata partendo dalle peggiori condizioni: debito pubblico alto, deficit, inefficienza dello Stato».
La crisi in Italia non cè?
«Non ci sono state le file di correntisti davanti alle banche tipo alla Northern Rock; gli istituti di credito non sono falliti, nessun lavoratore è stato lasciato solo. E tutto questo lo ha fatto Berlusconi, il governo di cui mi onoro di fare parte e in primis il ministro dellEconomia».
Perché Tremonti si è ritrovato in mezzo a questo terremoto?
«Perché ogni tanto dice qualche parola di troppo. Succede a tutti e succede anche a me».
Parla del posto fisso?
«Sì, considero quelluscita come un vezzo intellettuale, in unoccasione propizia, visto che era in presenza di sindacati. È stata enfatizzata, lui il giorno dopo lha giustamente minimizzata. E sembrava finita lì».
Però poi qualcuno ha provato a fare fuori lui...
«Nessuna congiura, solo un dibattito legittimo. La forza di maggioranza di un paese ha il dovere di interrogarsi sul come si deve governare questa transizione dalla fine della crisi allo sviluppo».
Non ci sono nemmeno i documenti «anti-Tremonti» sulla politica economica del governo?
«Dentro un partito del 40 per cento riflessioni di questo tipo non solo non sono strane, sono doverose. Il documento sulla politica economica veniva dal partito e non lo conosco. Ma dico: evviva, sono pronto a leggerlo ed analizzarlo. Laltro, su mercato del lavoro e welfare è una bufala. Sacconi ha fatto il Libro bianco, io ho fatto la riforma del lavoro pubblico. Produciamo idee, vivaddio non siamo mica come il Pd che è a encefalogramma piatto».
E perché è scoppiato tutto il caso?
«Abbiamo detto che il casus belli è una stupidaggine. Considero Tremonti troppo intelligente per avere pensato una cosa simile sul lavoro. Il valore non è il posto, ma un rapporto di lavoro stabile. Un posto di lavoro morto non può essere mantenuto in vita».
Lavoro a parte, come mai il caso è scoppiato?
«Il parossismo del momento. Qualche blog in cerca di notorietà. Io sono stato allOcse laltro giorno e cè unenorme considerazione per lItalia, per quello che abbiamo fatto. Il Pil italiano nellultimo trimestre è stato più alto di quello della Gran Bretagna. Stiamo ai fatti. E in questo contesto Tremonti avrebbe bisogno di fare il vicepresidente del Consiglio?».
Lo esclude?
«È il migliore ministro dellEconomia e delle Finanze in Europa se non del mondo visto che non vedo campioni nellamministrazione Obama. Non lo dico per captatio benevolentiae. Ha portato lItalia fuori dai marosi e dalle tempeste della crisi e questo glielo riconosciamo. Glielo riconosce il presidente del Consiglio. Non sia il nemico di se stesso...».
Se si è proposto per questo ruolo evidentemente un disagio di Tremonti cè.
«Potrà essere un disagio psicologico, ma non è motivato dai fatti. Ha un ruolo importante e non capisco perché gli serva una benedizione per fare di più. Non mi avventuro su percorsi psicologici, ma dico: calma e gesso. Andiamo avanti con la buona politica economica, anche perché dobbiamo fare tutto noi. Dallaltra parte non ci danno nessun contributo. Ecco forse questo è il punto per spiegare questa situazione: ci stiamo facendo carico di svolgere contemporaneamente il ruolo di maggioranza e quello di opposizione, perché il centrosinistra non cè».
Lei ha parlato con Berlusconi. Che impressione ha?
«È estremamente consapevole di tutto ciò. È orgoglioso della sua squadra di governo e della sua politica economica. E Tremonti è un ministro di Berlusconi. Il leader è Berlusconi, non se lo dimentichi nessuno. La sintesi la fa Berlusconi, gli equilibri della coalizione li fa lui, valorizzando e ottimizzando le qualità di tutti noi. Il Paese ha riconosciuto a Berlusconi questo ruolo e a nessun altro. Fuori da questa logica ci sono solo le elezioni».
E cosa deciderà il governo sullIrap?
«È nel programma di governo, appena le condizioni lo consentiranno, attueremo il programma. E anche la Banca del Sud è nel programma di governo».
I due progetti sono stati messi in contrapposizione.
«Non si può dire facciamo una cosa e laltra no, bisogna attuare il programma compatibilmente con la situazione della finanza pubblica. Il dibattito su come governare questa fase cè, ma le posizioni non sono nemmeno tanto distanti. Tremonti è preoccupato della tenuta dei conti, del debito, del deficit, dei tassi di interesse e della credibilità dellItalia. Gli altri non solo sono totalmente daccordo, ma sono anche convinti che per la tenuta dei conti sul medio e lungo termine servano le riforme, come quella che ho fatto io nella pubblica amministrazione, quella federalista, della scuola, delluniversità e della giustizia».
Non cè stata una rivolta contro il ministro dellEconomia da parte degli altri ministri che volevano un maggior potere di spesa?
«Non esiste. Il governo, tutto il governo, è rigorista, Nessuno può dire di esserlo più di altri.
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