Dopo l'accelerazione data da Napolitanoil retroscena

RomaCarte pronte o quasi, contatti presi, uffici allertati. Paola Severino, il Guardasigilli, ha dato il via libera: «Se arriverà la richiesta, aprirò l'istruttoria». Il giudice torinese Giuseppe Cocilovo, attraverso Repubblica, ha fatto sapere che non si opporrà se e quando il ministero, come vuole la procedura, chiederà il suo parere. E il giornale colpevole della diffamazione, Libero, ha pubblicato la famosa e doverosa lettera di precisazione e scuse.
Dunque la clemenza presidenziale resta ancora la strada più agevole per liberare Alessandro Sallusti. Per istruire la pratica formale, il ministro della Giustizia aspetta che si «creino le condizioni», la prima della quali è la conclusione del nuovo processo nei confronti del direttore del Giornale, che, per il suo gesto simbolico dell'attraversamento dell'uscio di casa, deve adesso rispondere di tentata evasione. Ma c'è un altro aspetto da chiarire: Sallusti deve presentare personalmente la sua domanda di grazia, o il capo dello Stato in questo caso può prendere l'iniziativa e firmare motu proprio il provvedimento? La Severino ipotizza una forma di mediazione: «La Consulta ha stabilito che l'iniziativa spetta al presidente e che, per avviarla, è necessaria un'istanza, anche se non diretta. E questa al momento non posso escluderla, anzi». A fare la richiesta potrebbe quindi essere un parente, o un avvocato. Sarà questa la soluzione?
Il Quirinale resta «in attesa di sviluppi», intanto però si prepara al piano B, e cioè il rilancio della legge sulla diffamazione. La riforma della normativa dei reati a mezzo stampa, dopo due mesi di tira e molla al Senato, pareva definitivamente impantanata. Ma dopo il vertice domenicale sul Colle tra Giorgio Napolitano e Paola Severino, qualcosa sotto traccia si sta forse muovendo.
E con il passare dei giorni, si capisce di più il senso della mossa del capo dello Stato, l'accelerazione che ha voluto dare domenica. Buttare sul piatto l'idea di un provvedimento di clemenza è stato infatti un gesto molto politico, una forma di pressione sul Parlamento: infatti, se anche non dovesse andare in porto, il tentativo di graziare Sallusti potrebbe servire a rimettere in moto il ddl diffamazione.
Si coglie già qualche segnale.

Con una larghissima maggioranza, la commissione Giustizia della Camera ha approvato il testo sulla «messa alla prova», ossia una serie di misure alternative alla galera. La legge, che ora andrà al Senato, potrebbe essere irrobustita con quei due articoli ad hoc che la Severino ha anticipato l'altro giorno: niente carcere per i giornalisti e rettifica obbligatoria. Funzionerà?

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