Dopo Obama, Obama dunque. Con tutti i problemi di prima da risolvere. Anche se «il meglio deve ancora venire» come il rieletto presidente degli Stati Uniti d'America ha sottolineato nel suo primo discorso. Un discorso di venti minuti. In cui ha voluto ringraziare tutti, dalla moglie, alle figlie, all'America. Davanti ad una folla entusiasta e straripante nel quartier generale di Chicago. Un discorso incorniciato in apertura dalle note di Sign, sealed and delivered, di Stevie Wonder e, in chiusura, da quelle di We take care of our own, di Bruce Springsteen. Impossibile non riconoscere nelle parole presidenziali echi kennedyani, soprattutto nei passaggi in cui ha toccato i temi che occupano un posto privilegiato nel cuore dei suoi connazionali: dall'economia, alla forza del popolo americano di reagire, al patriottismo che li distingue, alle prossime sfide da affrontare insieme con un unico motto, quel «Forward» che abbiamo letto mille volte sui cartelli alzati dai suoi sostenitori che lo accerchiavano, con affetto, durante i comizi.
E proviamo ad ascoltarlo assieme, il suo primo discorso da «nuovo» presidente: «Ci siamo ripresi e abbiamo lottato per ritornare qui e per l'America il meglio deve ancora venire. L'America non è ciò che il Paese può fare per noi, ma quello che può essere fatto da noi». E ancora: «Se ho guadagnato o meno il vostro voto, io vi posso solo dire che vi ho ascoltato e ho imparato da voi. E che voi avete fatto di me un presidente migliore. Vi ho ascoltati, ho capito i vostri problemi, tornerò alla Casa Bianca più ispirato e determinato che mai. Siamo la nazione più ricca, ma non è questo a renderci forti: a renderci forti è il patriottismo. Uniti possiamo superare ogni ostacolo». Poi la mano tesa verso lo sconfitto cui chiede di collaborare: «Parlerò con il governatore Romney per capire con lui su quali problemi possiamo lavorare insieme per migliorare il Paese». E, ringraziando «Joe Biden grande guerriero americano» si è spostato poi sul privato, sottolineando con emozione l'affetto che lo lega a moglie e figlie: «Michelle non ti ho mai amato così tanto e anche l'America ti ama. Sasha e Malia, state diventando delle donne bellissime e forti come vostra madre. Sono orgoglioso di voi, ma debbo soltanto chiedervi una cosa: credo che un cane basti». Infine una sintesi dell'America dell'immaginario collettivo: «Crediamo in un'America generosa, compassionevole e tollerante, una nazione aperta agli immigrati. Vogliamo dare ai nostri figli un'America sicura. Viviamo nella nazione più grande al mondo. Grazie America, Dio benedica gli Stati Uniti».
Obama riconquista la Casa Bianca, ma nello scontro con Mitt Romney perde diverse posizioni nel conto dei Grandi elettori: nel 2008, quando prese il 53 per cento del voto popolare (oggi è al 50,3 per cento), ne conquistò 365; questa volta se anche la Florida come sembra probabile, andrà ai democratici, il presidente si fermerà a 332. Romney che ha conquistato 206 Grandi elettori è riuscito a strappare ai democratici due Stati che avevano votato in maggioranza per Obama nel 2008, l'Indiana e la North Carolina. «Four More Years», dunque perché nelle sue intenzioni c'è da finire quello che è stato cominciato. Solo che non sarà affatto facile nonostante Mitt Romney gli abbia cavallerescamente augurato «ogni bene, ricordando che questi sono tempi difficili per la Nazione».
Il primo problema per Obama è come riunificare l'America per affrontare un debito enorme, e il rischio del «fiscal cliff» senza un accordo bipartisan. Una Camera a maggioranza repubblicana e un Senato in mano ai democratici non garantiranno al presidente una grande libertà di manovra sul taglio degli sgravi fiscali. Nella scorsa legislatura Obama ha perso la maggioranza alla Camera dopo le elezioni di mid-term nel 2010.
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