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L'epoca dei rubli: un promemoria utile anche a Elly Schlein

È sempre divertente quando qualcuno rivendica la superiorità morale del Partito comunista. Si può affermare una simile falsità solo se si è dotati di una memoria selettiva, e si tende a dimenticare una parte, per altro bella grossa, della realtà

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È sempre divertente quando qualcuno rivendica la superiorità morale del Partito comunista. Si può affermare una simile falsità solo se si è dotati di una memoria selettiva, e si tende a dimenticare una parte, per altro bella grossa, della realtà. Il Partito comunista italiano rispondeva a Mosca. La svolta «democratica» di Salerno fu pura tattica e obbediva a un ordine di Stalin: lasciate perdere la rivoluzione, compagni italiani, che mi devo pappare l'Europa dell'Est e non voglio aprire un altro fronte. L'antifascismo non fu un'esclusiva dei compagni, parteciparono militari, cattolici, monarchici, liberali. Il Partito comunista si schierò sempre dalla parte sbagliata della storia: applaudì Budapest e Praga, giudicò umano l'esilio di Solgenitsyn e a proposito di dissidenti, quando la Biennale li chiamò ad esporre, nel 1977, a Venezia, Botteghe Oscure cercò di boicottarla. Poi c'è la questione dei soldi da Mosca. È un po' difficile pretendere di essere indipendenti dall'Unione sovietica, cioè da un regime totalitario con un'alta propensione allo sterminio dei propri cittadini, con le tasche piene di rubli. Ieri Gianni Cervetti, novant'anni, un pezzo di storia del Pci, corrente di minoranza, in una bella intervista al Corriere della Sera, ha raccontato di aver deciso, insieme con Enrico Berlinguer e Gerardo Chiaromonte, di interrompere il flusso di denaro proveniente dalla Russia verso la fine del 1975. Niente di nuovo. Anzi, a dire il vero, esistono fior di studi che dimostrano che il flusso proseguì ancora a lungo.

Però, l'onestà intellettuale di Cervetti è un ottimo pro memoria per i reduci del comunismo e per i loro eredi, che forse non sanno bene cosa hanno ereditato.

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