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L'eredità Penati: danno da 120 milioni

La Corte dei conti chiede un maxi-risarcimento all'ex presidente Pd della Provincia di Milano per l'affaire Serravalle

L'ex presidente pd della Provincia di Milano Filippo Penati
L'ex presidente pd della Provincia di Milano Filippo Penati

Milano - Meglio tardi che mai. Ci sono voluti otto anni per chiedere un risarcimento all'ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati, al suo direttore generale dell'epoca Antonino Princiotta e ai membri della giunta che votarono lo scellerato affaire Serravalle. Otto anni da quando - era l'agosto del 2005 - l'allora sindaco di Milano Gabriele Albertini presentò un esposto alla Corte dei conti, denunciando l'esorbitante prezzo (oltre 238 milioni di euro) pagato da Palazzo Isimbardi per acquisire il 15% delle quote della società autostradale in mano al gruppo del costruttore Marcellino Gavio. Quella cifra mostruosa - è l'accusa - include un enorme danno erariale. Per l'esattezza, quasi 120 milioni di cui ora si chiede la restituzione. Ieri, infatti, è stata notificato l'atto di citazione nei confronti di Penati& Co. In pratica, è l'inizio del processo contabile.
Nelle quasi 130 pagine di documento, le toghe di via Marina ripercorrono la storia di una delle più spericolate operazioni finanziarie messe in piedi da un ente pubblico. Una corsa all'acquisto che neanche la Procura contabile si spiega. Perché pagare tanto le azioni di Gavio? Perché non aspettare la valutazione di un advisor, ma retrodatare quella dello studio Vitale&Associati per giustificare il voto con cui la giunta provinciale diede l'ok all'acquisto per 8,8 euro ad azione, contro una stima media compresa fra i 4 e i 5,5 euro? «I motivi sono ancora poco chiari», si legge nelle carte. Ma è l'intera vicenda ad essere avvolta da un alone di opacità. C'è più di una pista su cui ha lavorato a lungo la Procura di Monza. Un'ipotesi è che parte della plusvalenza garantita a Gavio sia stata girata nella scalata di Unipol a Bnl. O ancora, che i colonnelli dei Ds a abbiano spinto per l'acquisto di Serravalle («Penati - mette a verbale l'archietto Renato Sarno, indicato come il collettore delle tangenti a Sesto San Giovanni - mi disse che l'acquisto gli fu imposto da Massimo D'Alema»). Qualche che sia la ragione che portò l'ex presidente della Provincia a concludere la compravendita, l'eredità è un buco colossale nei conti pubblici.
Dei quasi 120 milioni di euro stimati dalla Corte dei Conti, infatti, più di 97 sono rappresentati dal danno da sopravvalutazione delle azioni possedute da Gavio, mentre altri 22 derivano dalla svalutazione delle quote che all'epoca erano del Comune di Milano, pari al 18,6%. In breve, tutt'altro che un affare ponderato. Anzi - si legge nella relazione della Gdf riportata nell'atto di citazione notificato ieri - «dalla disamina della documentazione si può escludere che l'acquisizione delle azioni di Serravalle sia stata preceduta da un'analisi di fattibilità, profittabilità, sostenibilità o opportunità dell'investimento», mentre la giunta provinciale «ha assunto decisioni concernenti un'operazione di cui non sono stati dibattuti e valutati i termini e le condizioni». Insomma, un tuffo nel vuoto. Pagato a caro prezzo e con denaro pubblico. Quanto a Penati, «è evidente che si sia rappresentato la possibilità che l'operazione fosse conclusa a condizioni economiche inique», eppure ha «accettato consapevolmente il rischio di provocare un danno patrimoniale». L'ex presidente della Provincia, insomma, «ha ritenuto assolutamente necessario e prevalente l'interesse a concludere l'accordo con il gruppo Gavio». Il perché di questo apparente suicidio economico, la Corte dei conti non lo spiega. Ma una risposta potrebbe arrivare dall'inchiesta penale dei pubblici ministeri di Monza. E proprio a Monza, ieri, è andata in scena ieri una nuova udienza del processo che vede imputato l'ex sindaco di Sesto San Giovanni. Tema, le donazioni fatte da alcuni imprenditori sui conti della lista «Penati Presidente» e all'associazione «Fare Metropoli». «Ho versato circa 140mila euro - ha raccontato un testimone - speravo nell'apertura di bandi a privati per la partecipazione alla Milano-Serravalle».

«I soldi trovati sui miei conti? - ha invece precisato l'ex presidente della Provincia - sono somme riscosse da me e dai miei familiari e riferibili a venti contratti di affitto».

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