Roma - Sgravi fiscali per tutti, richieste dei sindaci accolte al 100% e poi primi interventi sul cuneo fiscale. In due giorni, il governo che aveva fatto del rigore la sua missione ha «speso» 2,8 miliardi di euro, tra maggiori uscite e mancate entrate. Una generosità inedita per Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni, fino ad oggi più attenti alle tesi della Ragioneria generale dello Stato che alle richieste della maggioranza. Talmente inflessibili da fare uscire dalla coalizione di governo Forza Italia, per una riforma (l'abolizione dell'Imu e successive imposte sulla prima casa), che sarebbe costata 4 miliardi. E poi la riapertura di un capitolo scottante, che sa di vendetta contro il Cav: «È ora di affrontare le regole per il conflitto di interessi, gli italiani l'aspettano da tanto tempo e ora l'affronteremo», promette il premier in tv a Otto e mezzo.
Martedì il primo atto del nuovo corso, con l'annuncio che il governo rinuncerà ai tagli delle detrazioni fiscali previsti per fine gennaio e affiderà il compito al Parlamento. Una decisione presa dal premier in persona. Costo, circa 500 milioni di euro. Coperture da trovare alzando gli obiettivi della spending review per il 2014. Mercoledì altra misura degna di nota e concreta: il taglio dei contributi Inail per un miliardo di euro all'anno. Entrambi provvedimenti che vedranno la luce al Consiglio dei ministri di oggi. Novità anche sul fronte casa. Martedì notte il governo ha deciso di accontentare i sindaci che chiedono allo Stato di coprire del tutto le mancate entrate del passaggio da Imu a Tasi. In tutto 1,3 miliardi. Generosità che troverà conferma al Consiglio dei ministri di oggi o al prossimo. In agenda, un decreto legge per agevolare il rientro volontario dei capitali attraverso una sanatoria che interverrà da un lato sugli eventuali reati tributari commessi e dall'altro riducendo le sanzioni sulle somme evase.
Un cambio di passo. Decisioni dal sapore quasi elettorale. Oppure l'effetto Renzi. Il segretario del Pd si tiene distante dall'esecutivo e non risparmia frecciate al premier. Letta, per tutta risposta, allarga i cordoni della borsa e per la prima volta si impegna a varare provvedimenti popolari, magari per salire nei sondaggi.
Non per andare al voto subito. Ieri il premier ha detto di volere ancora durare «mesi». E Renzi non si è messo di traverso: «Il governo è il governo Letta, io faccio un altro mestiere. Ai cittadini non interessa chi fa cosa. Io sono qui per dare una mano». Rinviato il rimpasto («ne parleremo con chi sostiene il governo in Parlamento»), rassegnato a rimandare anche il nuovo programma di legislatura. «La maggiore fatica è affrontare i problemi della crisi con le costrizioni di bilancio. Se avessi la possibilità di stampare soldi...». Con il sindaco «è normale dialettica politica».
Ma nel Pd il clima resta teso. L'ex sottosegretario Stefano Fassina ha accusato il segretario Pd di «intolleranza». E la resistenza a Renzi affila le armi sulla legge elettorale. Alla Camera la minoranza ha messo a punto un emendamento all'Italicum che presenterà alla commissione Affari costituzionali (dove i cuperliani hanno la maggioranza).
Prevede lo stop alle liste bloccate, l'innalzamento del premio di maggioranza, l'abbassamento la soglia dell'8 per cento per le forze non in coalizione e alternare la presenza di un uomo e una donna sulla lista. Un piatto indigesto per Renzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.