Roma - Questioni di discontinuità, anche dal bon ton. Strappi al galateo istituzionale, misura basic, che regola i rapporti personali in politica. Sgambetti, dispetti, trucchetti, e persino tradimenti - che in politica non valgono. Defenestrazioni brusche come quella della Bonino, che non la prende bene sui giornali («neppure una telefonata!»), per poi smentire se stessa dopo la precisazione di Delrio: «Ero presente, mentre Matteo le comunicava l'addio alla Farnesina». Sacrifici scontati e quasi volontari, come quello di Mario Mauro (ma che s'aspettava mettendosi Casini in casa?). Eppure poi, sempre, arrivava il sorriso civile, la battuta magari stentata, l'attestazione fasulla di stima reciproca. Prova del nove del saper stare al mondo toccata a chiunque, non solo a chi abbia scalato le vette di Palazzo Chigi per poi doverle cedere al successore. Berlusconi che fece buon viso a cattivo gioco con Monti, Prodi con Berlusconi, e Berlusconi con Prodi (pensate la fatica). Prodi che sorride passando la campanella di Palazzo Chigi a D'Alema e lo stesso fa Berlusconi con Dini. Così persino Fanfani, in un lontano febbraio del '59: miracoli di simpatia con Segni, l'arcinemico. Invece ieri no. La faccenda s'è fatta seria, specchiandosi nel viso del premier uscente Enrico Letta al passaggio di consegne con Renzi. Il «rito della campanella» versione bit generation o, se si preferisce, nell'accezione post-dantesca di Pisa vituperio delle genti costretta a dare le chiavi delle mura all'ingordo leone di Firenze. Immagini crude: lo sguardo del Fiorentino ipocrita e supplicante, «dai guardami, pace, non ce l'avevo con te», e quello del Pisano che piuttosto sfugge, disdegna con nausea, precipita in giù, evocando bassezze mondane. Bile nera, ira nei precordi. Mano flaccida che tocca l'Intoccabile per fuggir via. E Uscente che non ha neppure atteso l'Entrante ai piedi dello scalone d'onore, come di prammatica, bensì direttamente nel proprio studio.
Commiato sottozero accompagnato da tweet. «Chigi, passaggio di consegne, l'ultimo di 300 giorni tutti difficili»; forse il più difficile, viene da pensare. Trecento, giovani e forti, ormai tutti morti, che mestizia che dolor. E poi la dedica al carabiniere rimasto ferito il giorno del proprio insediamento, Giuseppe Giangrande, i ringraziamenti a Napolitano e il sibillino commiato: «Ora uno stacco via da Roma per prendere le migliori decisioni. #Futuro».
Il viaggio per l'Australia con famiglia da sempre sognato e rimandato? Un ritiro nel monastero o la pur sempre confortante visita a mammà? La costruzione della «Cosa nuova» con Corrado Passera (che proprio oggi a Roma, guarda caso, presenta il suo «Programma dell'Italia»)? È in questi casi che le congetture si sprecano e rasentano fantasie alquanto premature, specie dopo aver notato che Letta ha rimosso dal profilo su Twitter l'informazione «presidente del Consiglio» per un anonimo «deputato della Repubblica» (prima era «vicesegretario del Pd»). Il Pd sparisce; in effetti ce n'eravamo già tutti accorti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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