Milano«Spero che non si aprano fronti di ordine pubblico e non si apriranno se l'Ue darà risposte. Le parole di Draghi confermano la necessità che l'Unione europea dia delle risposte. E che lo faccia nel vertice di giugno». E il premier si tolse qualche sassolino. In una giornata intensissima, cominciata a Milano con la firma del decreto per la nomina del commissario di Expo 2015, Enrico Letta ha voluto anche togliersi lo sfizio, incontrando nel tardo pomeriggio a Madrid il suo parigrado spagnolo Mariano Rajoy, di mandare messaggi espliciti a chi pretende di aver un ruolo solo decisionale all'interno dell'Unione europea e in particolare alla Germania.
Così, nella conferenza stampa congiunta con Rajoy, rispondendo a una domanda sull'allarme per le proteste scatenatisi, un po' ovunque in Europa, per la crisi occupazionale, ha voluto sottolineare che «la crescita dei movimenti politici antieuropei sta riguardando quasi tutti i Paesi dell'Unione perché i cittadini non vedono una Ue utile per la loro vita quotidiana. E se il Consiglio di giugno se ne uscisse con conclusioni burocratiche credo che facilmente si creerebbero le condizioni perché alle elezioni europee del 2014 i partiti vincenti saranno quelli antieuropei. Al vertice europeo di giugno bisogna - ha ribadito Letta - prendere decisioni da mettere in pratica subito, in autunno».
Ma quali proposte e per chi? «Devono essere - ha dichiarato Letta - proposte immediatamente cantierabili, applicabili, in modo che i cittadini vedano che l'Ue discute ma prende anche decisioni che incidono positivamente sulla loro vita. Tutti gli impegni che vengono presi per uscire dalla crisi sono sforzi a favore dell'Ue e quindi anche della Germania: se la domanda interna di tutti gli altri Paesi viene meno, nessuno da solo si salva. Siamo tutti insieme dentro un mercato, sulla stessa barca, ed è interesse di tutti che la crescita riprenda. Sono convinto che la Germania capirà e può capire che questo sforzo per favorire crescita e occupazione perché sarebbe un errore interpretare il dibattito in Europa come uno scontro dove c'è qualcuno che vince o che perde la partita».
Quanto al suo passaggio a Milano nella mattinata va detto che è servito al premier, oltre che per portare l'imprimatur del governo a Expo 2015, anche a sdoganare Romano Prodi che verrà coinvolto in modo diretto e concreto. «Ho creduto nell'Expo già sette anni fa, durante la fase in cui spingevamo la candidatura di Milano. Ora ribadisco il mio impegno. Anche Prodi sarà parte del progetto, visto che proprio con il suo governo Milano si è aggiudicata la vittoria. Chiederò a Prodi di aiutare e di lavorare per la sua realizzazione. Perché l' Expo non è un successo automatico, bisogna dare il massimo e dovremo lavorare».
Concetto chiaro, parole schiette che, per dirla altrettanto schiettamente, nella sede del Comitato per l'Expo 2015, nella centralissima via Rovello, sono risuonate come una sorta di risarcimento «politico» dopo l'ennesimo «siluramento», subìto dal prode Romano, questa volta nella recentissima corsa al Quirinale.
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