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L'ha scoperto pure Befera: «Si evade per sopravvivere»

L'ha scoperto pure Befera: «Si evade per sopravvivere»

RomaAttilio Befera ci riprova. Per migliorare l'immagine di un fisco che penalizza chi produce, il direttore generale dell'Agenzia delle Entrate ieri si è messo, molto cautamente, dalla parte di chi è costretto a evadere perché ha davanti come unica alternativa quella di chiudere i battenti del negozio, dell'azienda o dello studio professionale.
Le parole sono più che prudenti, ma il messaggio lanciato ieri a Radio24 è chiaro: «Indubbiamente, ci sarebbe meno evasione da carenza di liquidità», ha risposto a Giovanni Minoli che gli chiedeva se con una pressione fiscale minore ci sarebbe meno evasione. Concetto tutto sommato scontato, ma altri che lo hanno espresso, anche recentemente, si sono visti appioppare la patente di amici degli evasori.
La sinistra attribuisce d'ufficio al centrodestra scelte per favorire chi non paga tasse. Dire che il Paese sbarca il lunario con il sommerso o che molti cassintegrati si trovano un lavoro in nero - come fece Silvio Berlusconi tempo fa - equivale a un via libera agli evasori. Poco importa se i dati servono a dimostrare come una politica fiscale penalizzante non funzioni.
Il mainstream - alimentato da una sinistra sempre più portavoce di un elettorato composto in maggioranza da dipendenti pubblici - resta condannare l'evasione a parole e poi aumentare le imposte per favorire concretamente una politica economica tassa e spendi, magari spacciandola per rigore.
Chi ha provato a distanziarsi dalla linea pro tasse della sinistra è stato richiamato all'ordine. Toccò tempo fa a Stefano Fassina, viceministro dell'Economia ed esponente della sinistra Pd quando a un convegno di Confcommercio parlò di «evasione di sopravvivenza». Fu immediatamente rintuzzato dal segretario del suo partito Guglielmo Epifani, che gli ricordò come la linea Pd è che «l'evasione si combatte, punto e basta». Susanna Camusso parlò di un «drammatico errore politico».
Se ieri Befera non è stato sommerso dalle accuse di chi auspica plotoni di esecuzione e arresti di massa da parte della Guardia di Finanza è perché il direttore dell'Agenzia delle Entrate in realtà è stato molto cauto. Ha preso atto dell'esistenza di un'evasione causata dalla crisi, ma non ha ammesso che l'Italia è uno dei sistemi fiscali più oppressivi dell'occidente. «In Italia bisogna pagare le imposte e se non ci fosse Equitalia non le pagherebbe nessuno. Che l'evasore sia un parassita della società è un dato di fatto». Colpa degli italiani se c'è il sommerso. L'evasione «fa ancora parte della cultura italiana». E ancora: «Siamo un Belpaese di evasori, speriamo di cambiare». Fin qui tutto prevedibile.
Ma Befera indica anche il suo obiettivo: «Al di là dell'aumento del gettito, è di insegnare agli italiani che le imposte vanno pagate, per due motivi: sia per dare i servizi, sia per redistribuire il reddito».
Un ruolo, quello pedagogico, che non spetta al governo, tanto meno a un alto funzionario dello Stato. Anche perché dalle parole del direttore dell'Agenzia delle Entrate emerge una concezione del fisco che non è per niente neutra.

L'idea di un fisco che redistribuisce - quindi sottrae una parte del reddito a una fascia di contribuenti per girarla ad altri - è patrimonio quasi esclusivo della sinistra. Per altri, invece, il fisco serve solo a pagare i servizi. E il reddito si produce con il lavoro.

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