"Macché voto di scambio ogni promessa è lecita"

Il politologo di sinistra commenta le accuse di Monti a Berlusconi: "Normale che in campagna elettorale i politici facciano annunci. Poi decidono gli elettori"

"Macché voto di scambio ogni promessa è lecita"

«Definire voto di scambio una promessa elettorale, come quella che ha fatto Berlusconi di togliere l'Imu e risarcire gli italiani, è una brutalità. In campagna elettorale i candidati fanno promesse cui si è liberi di credere o di non credere, promesse che lasciano liberi di votare o non votare il candidato che le fa. La frase di Monti contro il Cavaliere è decisamente fuori luogo». Docente di Scienza Politica all'Università di Bologna, con trascorsi d'insegnamento ad Harvard e alla Columbia University di New York, già senatore di Sinistra indipendente e Progressisti, editorialista e saggista, Gianfranco Pasquino ancora una volta fotografa la situazione italiana con lucida obbiettività.
Professore, la campagna elettorale sta degenerando?
«Direi di sì, i toni sono decisamente brutti. Sento astio e animosità fra le persone. I tre maggiori contendenti rinfacciano l'uno all'altro chi la nomina a commissario europeo, chi la propria lealtà verso il governo tecnico, ma lo fanno sempre con accuse dirette e rivendicazioni, come dire, private. Forse, almeno se si guardano le accuse che il Pd ora rivolge a Monti, c'è anche un po' di invidia perché Monti ha fatto una carriera spettacolare è diventato rapidamente primo ministro mentre Bersani continua ad arrancare per conquistare quel posto».
I toni di Monti: non sono proprio quelli che ci si attendeva da lui...
«Monti deve sgomitare per conquistare spazio fra due pesi massimi o quasi come Bersani e Berlusconi. Così ha cambiato registro e usa espressioni esagerate che non dovrebbero appartenere a chiunque si candidi alla carica di primo ministro. Mettendo in fila i suoi “pifferaio magico”, “silenziare”, “tagliare le ali” ne esce un Monti che non è certo quel tipo colto e riflessivo che avevamo conosciuto. Qualcuno lo starà consigliando. Ma è un dato di fatto che lo consiglia male. Non ricordo democristiani che abbiano mai usato i toni e le espressioni che lui sta usando. Rischia di perdere i consensi di chi è indeciso tra la sua lista civica e Bersani. E che alla fine voterà Bersani perché il Monti che si ascolta oggi non è quello che analizzava i temi in tono pacato».
A proposito di indecisi, lei ha appena ultimato un approfondito lavoro.
«Sì, nel fascicolo di gennaio-marzo di Paradoxa abbiamo analizzato le modalità per cui gli elettori si formano un'opinione di voto. È una disanima interessante perché l'indeciso non è il più tonto, è quello che al contrario vuole rifletterci pensa e prova a capire bene la situazione delle forze in campo, cerca di valutare i programmi non certo i toni».
Professore, qualche consiglio ai due «pesi massimi» e a Monti.
«A Berlusconi direi di puntare sui temi che lo hanno da sempre caratterizzato: la riduzione delle tasse e la magistratura. Ma non con il solito refrain delle toghe rosse che ce l'hanno con lui. Bensì la lotta contro i magistrati inetti che, per la loro inefficienza, rallentano i processi civili e non fanno altro che ingigantire lo spreco di denaro pubblico.

A Bersani direi di ribadire il concetto del partito del lavoro, cui sta a cuore la tutela dei lavoratori e che si sforzerà di procurare nuove opportunità di lavoro oltre che di proteggere le pensioni. Quanto a Monti avrebbe dovuto mantenere la proprietà di un unico suo particolarissimo tema: quello dell'Europa, quell'Europa in cui c'è la nostra Italia e che, come tale, va difesa».

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