Il femminicidio può essere anche mediatico. Per come si è proposta, quella delle «olgettine» è stata una vera e propria strage di donne. Preceduta da uno stupro di gruppo. E conclusasi con lo sterminio nella camera a gas di una impropria notorietà.
Chiunque è libero di pensare ciò che vuole e le ragazze in questione altrettanto libere di fare ciò che preferiscono. L'unico limite per tutti è il reato. Non saprei dire, tuttavia, chi merita di essere perseguito in questa brutta storia. Qual è, cioè, il reato da sanzionare. La prostituzione in sé, infatti, quand'anche ci fosse, nel caso che stiamo trattando, non è un reato. La diffamazione sì. Soprattutto se di massa e indifferenziata.
Ebbene, è palese che una trentina di giovani ragazze, per quanto possano non essere condivisibili i loro scopi di percorrere sentieri veloci per affermarsi nel mondo dello spettacolo, non possono essere, tutte, bollate, urbi et orbi, come componenti di un «sistema prostitutivo». In particolare Ruby, la vittima confezionata, non sarebbe dovuta, con violenza, essere marchiata dalla certezza, affermata con prove quantomeno fragili, di avere esercitato la prostituzione con un uomo potente e di avere così raggiunto l'obiettivo interessato, sfruttando bellezza fisica, «furbizia orientale» ed «extracomunitarietà».
Tutte, peraltro, queste ragazze, l'una per l'altra, «accusate» pubblicamente di essere coinvolte in un sistema difensivo allestito e retribuito per nascondere la verità. Risultando, quindi, non solo prostitute, ma anche bugiarde e colpevoli di falsa testimonianza.
La requisitoria del Pm è stata solo l'ultima occasione dello stalking mediatico, che perseguita le, malamente definite, «olgettine» da ormai tre anni; da quando cioè sono state private della privacy per essere state sottoposte a migliaia di ore di intercettazioni, i cui testi sono stati spensieratamente diramati ai giornali.
Mentre la Procura di Milano, notizia di oggi, continua ad archiviare sistematicamente, senza alcuna istruttoria, più della metà delle denunce di donne vittime di violenza domestica e stalking.
È corretto tutto questo? È giusto che un magistrato, donna competente e valida, che ha vissuto gli anni della lotta femminista per la conquista della dignità femminile, attacchi pubblicamente le donne che lei ritiene spregiudicate?
È ammissibile, l'inquietante «puritanesimo di ritorno» della Boccassini, come scrive Ritanna Armeni, e quale identico professano le intellettuali (magari radical chic), finalizzato a biasimare e calpestare il decoro delle donne che gravitano intorno a Berlusconi? Mostrandosi, così, all'evidenza un disprezzo misogino verso le «altre» donne, violando la libertà di vivere del genere femminile, ipotecando il futuro di queste ragazze con un'incancellabile lettera scarlatta.
Ho l'impressione che in questa inchiesta si sia confuso il disvalore sociale con il disvalore penale: che non possono sempre coincidere, perché l'etica è soggettiva e il reato oggettivo. (Per non essere maliziosi e non ricordare il disvalore politico).
Una requisitoria dovrebbe, dunque, essere precisa e circostanziata, idonea a giustificare, con le prove, la validità dei capi d'accusa, e dunque motivare oggettivamente il perché della richiesta di condanna. Nel caso Ruby, l'unico imputato è Berlusconi, ma la requisitoria è sembrata una geremiade pomposa e moraleggiante, che si è risolta nella condanna anticipata e per sempre, non solo di Ruby (in ipotesi «vittima») ma di tutte quelle donne che hanno come unica «colpa» quella di essere state a cena ad Arcore, con la speranza di sfondare in tv, e che, tuttavia, ora e per sempre, saranno ricordate come prostitute. Dai mariti che non avranno, dai datori di lavoro che le hanno licenziate o che non le assumeranno, dalle famiglie mortificate, da qualsiasi interlocutore anche casuale. I loro figli potranno, senza tema di smentita, essere chiamati figli di puttana. Senza aver commesso alcun reato, queste donne sono state condannate all'ergastolo della reputazione.
Berlusconi potrà essere assolto, anche oltre ogni irragionevole dubbio, ma le donne violentate dalle acritiche o faziose truppe mediatiche non potranno mai raccogliere e ricomporre la loro giovane vita, stracciata nei tribunali e nelle tribune stampa. Cannibalizzata.
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