Roma - Ma chi potrà mai disturbare il manovratore? In carenza di nemici, vuoi rottamati vuoi saltati sul carro un attimo prima che li travolgesse, Matteo Renzi si trova alla settimana di snodo. Dalle strade che prenderà (o sarà costretto a prendere) si potrà intuire qualcosa delle possibilità di successo.
La bravura del premier sta soprattutto nella comunicazione, è noto. La fretta un suo punto debole. Giunge così persino in anticipo sui tempi l'altolà preventivo ai «conservatori», che il premier indica genericamente come «palude». Considerandosi lui, forza delle metafore renziane, «torrente impetuoso». Senonché è proprio del torrente che corre saltare di pietra in pietra e cambiare spesso repentinamente direzione. L'energia torrentizia per ora sommerge le critiche del presidente Confindustria, Giorgio Squinzi, accomunandole a quelle della maggiore controparte sindacale, la leader della Cgil, Susanna Camusso: «Soffrono il fatto che le riforme si facciano senza concordarle con loro. Si sono arrabbiati? Ce ne faremo una ragione». La «strana coppia» li definisce Renzi in un'intervista al Messaggero, suscitando l'obbligo di un singolare distinguo dalla sconcertata Camusso: «Non esiste alcun asse con Squinzi, sono critiche opposte. Così come non c'è neppure nessun asse tra Renzi e il segretario della Fiom, Landini». Non soltanto la durezza delle parole riservate dal premier ai due, ma l'accomunarli in un unico mazzo, sembrano preludere a un'insofferenza non tanto (non solo) alle critiche, quanto a ogni forza organizzata che vada contro-corrente, la sua. Se l'alter-ego fiorentino, Dario Nardella, spiega che «Matteo non riproporrà il vecchio stile delle concertazioni estenuanti», Renzi si concede le solite sintesi illuminanti: stavolta il suo «essere qui per le famiglie, per il singolo imprenditore», come ripete anche al Tg1. Restare fuori dalla «casta», sfruttare l'onda demagogica del malcontento popolare, trovando di volta in volta, e demolendo, sempre nuovi nemici e nuovi obbiettivi. Questo è il modo di procedere del premier torrentizio che vede annaspare anche Grillo (anzi: «Gli sta franando il terreno sotto i piedi»). È chiaro che più in alto sale l'asticella, più i risultati dovranno arrivare. Renzi pare saperlo, visto che adesso riconosce «misure intelligenti» ai suoi predecessori Monti e Letta ma, avverte, «se non cresce il Pil è tutto inutile». Nel frattempo ha già buttato là un altro cimento, il più grande di tutti (si può concordare): la riforma della Pubblica amministrazione, «da scardinare completamente, tra un mese. Lì vedremo il derby palude contro corrente... Sarà durissima, la vera battaglia. Al confronto la strana coppia Squinzi-Camusso contro il governo sarà solo un leggero antipasto».
Scommette ancora, Renzi. Mentre Confindustria non ama passare per forza di conservazione (e men che meno la Cgil della Camusso che i bilanci, fa sapere offesa di fronte a un'altra provocazione renziana, li «pubblica dal 1976»), il premier lanciato il sasso corre precipitoso verso un'altra cascata, altre passerelle gorgoglianti. Venerdì metterà mano alla reggenza del Pd, oggi invece summit all'Aja sulla sicurezza nucleare, poi G7 sul post-crisi ucraina.
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