Roma - Questa volta nessun faccia a faccia al Nazareno: uno (Renzi) stava a Tunisi, l'altro (Berlusconi) a palazzo Grazioli. Ma il risultato non cambia: nonostante i rimbrotti al premier con cui il Cavaliere condisce il suo via libera al nuovo compromesso sull'Italicum, il succo è che l'asse tra i due esce confermato, e permetterà di qui a qualche giorno («entro venerdì, spero che non ci siano ulteriori dilazioni», auspica Renzi) di far approvare dalla Camera la legge elettorale.
Una legge monca, perché il compromesso raggiunto prevede che valga solo per Montecitorio, ma Renzi assicura che va bene così: «I cittadini devono sapere che non si voterà più per il Senato. Lo scopo è di avere un vincitore certo, e l'Italicum lo garantisce. Il fatto che il Senato abbia o meno una norma elettorale, nel momento in cui abbiamo deciso di superarlo, è un fatto secondario che appassiona solo gli addetti ai lavori».
Il supplemento di trattative ha causato nuovi slittamenti: si inizierà a votare solo oggi, e sono ancora in corso mercanteggiamenti degli alfaniani che chiedono di aumentare il numero delle candidature multiple. Ma il risultato che si prefiggeva il premier, uscire dalla morsa in cui tentavano di stringerlo Ncd da un lato e minoranza Pd dall'altro ed evitare l'impallinamento della legge elettorale a colpi di voti segreti, è stato raggiunto. Senza rompere lo schema di quella «doppia maggioranza» che a Renzi serve come il pane per non finire ostaggio del suo partito e della sua scombiccherata coalizione. Il prezzo pagato non è irrisorio: per tenere unito il Pd, nel quale buona parte dei parlamentari minacciavano ammutinamenti per stravolgere l'Italicum in asse con Ncd, con l'intento di allontanare il più possibile le elezioni, il premier ha dovuto accettare un emendamento della minoranza (che ha accettato di ritirare tutti gli altri) che gli lega le mani proprio sul voto anticipato. Se le nuove regole valgono solo per la Camera, come previsto dal compromesso cui Berlusconi ha dato luce verde, il risultato è che finché il Senato non viene abolito si rischia di andare alle urne con due sistemi diversi e incompatibili: l'Italicum da una parte, il «Consultellum» iper proporzionale dall'altra: un blocco di fatto. «In fondo né a Berlusconi né a Renzi conviene andare al voto troppo presto», ragiona un esponente di governo vicino a Renzi, «mentre entrambi hanno l'interesse ad far vedere che il loro patto regge e dura, per tenere sotto controllo i rispettivi partiti e sotto pressione Alfano, impedendogli di portar via truppe parlamentari al Cavaliere». E che il patto regga, aggiunge, lo dimostrano le aperture arrivate al governo Renzi dal gruppo Gal del Senato: «Un segnale chiaro ad Alfano per fargli capire che se provasse a far inciampare il governo Renzi c'è un altro potenziale serbatoio di voti al Senato». Certo Berlusconi fa pesare il suo aiuto sull'Italicum, esprimendo «disappunto per le difficoltà di Renzi» a convincere la sua maggioranza. E Renzi lo rimbecca: «Non capisco le polemiche». Ma è più scena che altro, entrambi hanno tutto l'interesse a giocare di sponda e nessuno dei due ha fretta di andare al voto prima del 2015. Poi si vedrà.
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