Roma - «Mi chiedo se la libertà di espressione possa estendersi fino al vilipendio del magistrato e se sia possibile tentare di condizionare l’esercizio della giurisdizione». Sono dure le parole del Procuratore generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, al plenum del Csm, di cui è membro di diritto. Difende il suo sostituto, Francesco Iacoviello, attaccato pesantemente per la requisitoria al processo Dell’Utri, nella quale ha chiesto e ottenuto dalla Suprema Corte l’annullamento con rinvio della sentenza d’appello e ha messo in discussione il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Esposito stigmatizza le reazioni dei professionisti dell’antimafia, dai pm palermitani Antonio Ingroia e Nino De Matteo a Giancarlo Caselli, che addirittura hanno sollecitato un’azione disciplinare contro Iacoviello e l’intervento del Csm. Gli interessati, però, contrattaccano e si sfiora la rissa verbale con il Pg. Riafferma il suo «diritto di critica rispetto a qualunque sentenza», senza «attacchi personali e insulti ai magistrati», attacca Ingroia. Per lui, in questo caso nessuno ha superato i limiti. Ingroia provoca Esposito: «Come giustamente ha difeso Iacoviello da attacchi personali», avrebbe dovuto fare lo stesso con lui ed altri «in casi analoghi». Anche Di Matteo conferma le critiche alle dichiarazioni di Iacoviello, «gravi perché delegittimano numerose indagini e processi in tutt’Italia e perfino sentenze passate in giudicato». Evidentemente, ha colpito nel segno l’intervento di Esposito che, sempre parco di parole, stavolta a Palazzo de’ Marescialli difende appassionatamente sia Iacoviello, un «professionista non permeabile a qualsiasi pressione» e «uno dei migliori magistrati», sia la sua tesi. «Non ha mai detto - spiega il Pg - che il concorso esterno non esiste, ma si è limitato ad esternare un profondo disagio per una fattispecie di reato dai contorni vaghi».
Il Pg, che ad aprile va in pensione, esprime con evidente emozione l’«incondizionato appoggio» alla requisitoria del sostituto. E bacchetta chi ha utilizzato contro di lui la memoria di Giovanni Falcone: «Lasciamolo riposare in pace - ammonisce - semmai onoriamolo con un convegno sul concorso esterno. E allora scopriremo che lui è stato antesignano della sentenza Mannino». Quella che ha posto dei paletti al concorso esterno, citata da Iacoviello.
Solidarietà al sostituto Pg viene espressa da diversi togati e laici del Csm. Ma nessuno chiede, conferma il vicepresidente Michele Vietti, una delle famigerate pratiche «a tutela», come in passato. È il togato di Magistratura Indipendente, Antonello Racanelli, il primo a solidarizzare con Iacoviello. «Le sentenze - dice - vanno sempre rispettate. E ancora più grave è che queste polemiche siano venute da magistrati che direttamente o indirettamente hanno avuto un ruolo nel processo Dell’Utri». Stesso aspetto di una «vicenda bizzarra» che sottolinea il laico Pdl, Bartolomeo Romano: il quadro che emerge «non è positivo per la magistratura». Per Riccardo Fuzio di Unicost certi colleghi confondono «il piano giuridico con quello politico». Ma Vittorio Borraccetti di Md accusa di «ambiguità» la politica: non ha circoscritto il concorso esterno, «costringendo» i magistrati ad uno «sforzo di supplenza».
Ingroia invece si ripresenta questa sera in tv, da Santoro, con accanto Massimo Ciancimino. Sono le due facce del mondo togato, quello che ancora gira intorno alla sentenza su Dell’Utri.
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