Non si dimette. Tira dritto come faceva in gara nella sua corsia, con potenza, ritmo e decisione. Ma stavolta Josefa Idem non ha il tifo di un Paese a sostenerla, come quando dieci mesi fa a Londra sfiorò l'ennesimo podio olimpico a quasi 48 anni. Nella conferenza stampa convocata ieri pomeriggio per rendere nota la versione di Josefa sulla vicenda dell'Ici non pagata sulla casa-palestra, la canoista e ministra non fa nemmeno una pagaiata indietro: «Intendo continuare per non tradire la fiducia delle persone che contano sul mio contributo». Che evidentemente contano più di quelli che, lo ammette lei stessa, le chiedono di lasciare il governo. Del resto basta leggere i sondaggi on line per accorgersi che sette italiani su dieci stavolta non sono con lei.
Del resto il governo e anche il centrosinistra hanno già scaricato la ministra nata in Germania e naturalizzata per matrimonio. È vero che l'altro giorno Idem ha incassato l'apertura di credito del presidente del Consiglio Enrico Letta, ma la formula da questi usata («Faccio fiducia su quello che ha detto il ministro Idem ieri», a proposito delle prime spiegazioni fornite da Idem il 19 giugno) non assomiglia a un assegno in bianco, bensì a un prestito poco convinto. Negli ultimi tre giorni ci sono stati la goffa intervista a Concita De Gregorio sulle colonne di Repubblica, con le numerose contraddizioni, le piccole gaffe, il riferimento al fatto che lei negli ultimi anni trascorresse tre settimane al mese in canoa, come se il resto degli italiani non avesse un lavoro impegnativo a cui pensare. E la conferenza stampa di ieri, con la discutibile presenza dell'avvocato personale in una sede istituzionale, la sala stampa di Palazzo Chigi. Elementi che hanno scavato un fossato tra Letta, uno che del legalismo e della correttezza fa una bandiera, e la canoista. Voci di corridoio garantiscono che la ministra potrebbe essere «dimissionata» nei prossimi giorni, dal momento che anche il suo partito, il Pd, non la difende a spada tratta. Basta leggere quello che scrive su Twitter il deputato democratico Dario Ginefra: «Josefa Idem dovrebbe valutare seriamente l'ipotesi di togliere il governo Letta dall'imbarazzo di dover scegliere per lei». La parola passa a Letta.
La conferenza di ieri a Palazzo Chigi ha mostrato tutta l'italianità della ministra più tedesca che c'è. Lo scaricabarile: «Ho delegato tutte le mie questioni fiscali ed edili. Vi sono state irregolarità e ritardi: me ne scuso pubblicamente, me ne assumo le responsabilità e sanerò ciò che sarà da sanare». La minimizzazione: «In Germania nessuno si sarebbe dimesso per una cosa simile». L'attacco ai media: «Le parole a volte sono pietre e sono state scagliate contro di me con inaudita brutalità e violenza». Il vittimismo: «Mi hanno chiamata ladra e puttana. Non sono infallibile, ma sono onesta e non permetterò a nessuno di dubitarne». La mozione dei sentimenti: «Hanno scritto Sefi la furbetta dell'Imu. Ma Sefi è il diminutivo che mi dette mia sorella quando da piccola non sapeva pronunciare il mio nome, Sefi mi possono chiamare gli amici, ma non le persone che mi vogliono denigrare». L'autoglorificazione: «Ho fatto l'atleta per una vita, la professionista, anche se la legge si ostina ancora a chiamarci dilettanti. Per ottenere risultati occorre allenarsi tantissimo, anche otto ore al giorno. Ho fatto due figli, ho fatto attività politica con tanta passione, in particolare difendendo i diritti delle donne e per migliorare il mondo dello sport. Ho vinto più di trenta medaglie, ho partecipato a otto Olimpiadi, nessuna donna prima di me ha partecipato a tante edizioni. Ho imparato tanto nella mia carriera, non ho imparato a fare la commercialista, oppure la geometra e nemmeno l'ingegnera».
Poi Josefa se ne va, senza rispondere alle domande dei cronisti e lasciando la parola al suo avvocato, Luca Di Raimondo. Che non ha dubbi: «Non è vero che il ministro Idem non ha pagato Ici e Imu. Il 4 febbraio, entro il termine di legge del 28 febbraio valido per qualsiasi contribuente, è stata dichiarata quale fosse la dimora familiare. Il pagamento con ravvedimento operoso è previsto dalla legge, ma è stato letto come un'iniziativa volta a correre ai ripari in maniera tardiva». E per gli abusi edilizi, «non c'è alcun reato. La contestazione è stata mossa il 17 giugno e il ministro ha pagato la sanzione il giorno successivo».
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