Il ministro del Lavoro Giovannini: «Sul ricambio nella Pa servono altre valutazioni»

RomaStrada in salita per il maxi esodo degli statali. Il decreto del ministero della Funzione pubblica con il piano che prevede da una parte il prepensionamento dei dipendenti pubblici e dall'altra la stabilizzazione dei precari storici della Pa, era in agenda per il Consiglio dei ministri di venerdì ma dovrebbe, come minimo, slittare.
Già nei giorni scorsi il ministro della Funzione pubblica Gianpiero D'Alia aveva smentito le voci su un piano per mandare in pensione 200mila dipendenti dello Stato e degli enti pubblici. Ieri il ministro del Lavoro Enrico Giovannini - intervistato dal ilSussidiario.net - ha confermato: nessun prepensionamento. Serve un ricambio nella Pa, ma per capire come realizzarlo sono ancora necessarie «analisi e valutazioni finanziarie accurate, anche per evitare di introdurre ingiustificate sperequazioni di trattamento tra settore pubblico e settore privato».
Un piano c'è. Parte dall'attuazione della spending review ai dipendenti pubblici, partita quando era ministro della Pa Renato Brunetta e proseguita con il governo Monti, che aveva individuato i prepensionabili in poco più di 7mila persone, per più della metà (3.200) dipendenti Inps che matureranno il diritto alla rendita nel 2014. La versione di D'Alia amplia la platea degli interessati (in una delle bozze c'erano effettivamente la previsione di 200mila prepensionati) includendo chi ha compiuto almeno 57 anni. Il principio è che per lo Stato, in quanto erogatore delle pensioni e «datore» che si fa carico dei contributi dei lavoratori attivi, pagare uno stipendio costa circa il 30% in più rispetto a liquidare l'assegno a chi si è ritirato.
«Ma così si compromette il funzionamento dell'amministrazione pubblica - ha protestato il segretario Confederale della Uil Antonio Foccillo - anche perché ai 200mila bisogna aggiungerne altrettanti che sono già usciti fino al 2012 e 300mila precari. In tutto 700mila dipendenti pubblici in meno. Detto questo, se il decreto dovesse essere realmente slittare, anche questa volta si rinuncerebbe a risolvere il nodo dei precari, che il premier Letta si era impegnato a risolvere, con gravi danni sia per i cittadini sia per lavoratori».
I pacchetto D'Alia prevede infatti anche la stabilizzazione di parte dei precari della Pa. Un esercito di più di 300mila persone. Il meccanismo è prevedere nuovi concorsi pubblici con una riserva del 50% per chi ha già lavorato per il pubblico.
Negli ultimi giorni sono cresciuti i dubbi sul pacchetto di misure. Prima le obiezioni del ministero dell'Economia sui reali risparmi, poi altre perplessità sulla costituzionalità del provvedimento. Non ultima quella segnalata ieri dal ministro Giovannini sulla disparità di trattamento tra pubblici e privati. Poi, dubbi di natura politica.
Ieri, dopo un vertice tra il premier Enrico Letta e il sottosegretario alla presidenza Filippo Patroni Griffi le quotazioni del decreto erano date in deciso ribasso. L'ultima parola arriverà oggi al preconsiglio dei ministri, ma è probabile che tutto venga quantomeno rinviato. «Il tema della mobilità del pubblico impiego resta», spiegava ieri una fonte del governo.

Ma le resistenze quando si tratta di statali - anche con una misura come quella del prepensionamento che è comunque di privilegio rispetto alle altre categorie di lavoratori alle prese con la crisi e aziende che chiudono- non mancano mai. Senza contare che il governo, in questo momento, preferisce evitare questioni delicate come questa.

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