Un miracolo c'è stato L'Italia s'è (ri)desta

In tre settimane da perdenti cronici a quasi vincenti a sorpresa. I problemi sono rimasti ma abbiamo trovato entusiasmo

Un miracolo c'è stato L'Italia s'è (ri)desta

Abbiamo perso, ma l’importante era battere la Germania. E comunque non abbiamo più la stessa cera. Tre settima­ne dopo, l’Italia emaciata e mortifera d’inizio giugno si ripresenta vitale e otti­mista come nessuno avrebbe mai imma­ginato. Certo il miracolo italiano non è poi così nuovo: è talmente frequente e ri­pe­titivo da essere diventato marchio ro­mantico, come il sogno americano. Il no­stro consiste nel ritrovarci ad un certo punto della storia completamente a ter­ra, senza speranza e senza futuro, pessi­misti e afflitti, disfattisti e livorosi, in atte­sa soltanto della soluzione finale. Ma è proprio in quel preciso momento, un at­timo appena prima del tracollo definiti­vo, che l’Italia ha il grande guizzo.Come lazzari increduli, balziamo in piedi e ri­partiamo al galoppo.

Tre settimane fa ci sarebbe servito co­me il pane, urgentemente, disperata­mente, un altro miracolo italiano. Tre settimane dopo non possiamo dire d’aver ribaltato il destino (aspetta di ve­dere le Borse di questa mattina, danna­zione), ma almeno l’umore l’abbiamo ri­baltato sul serio. Non abbiamo risolto tutto,ma abbiamo cambiato un po’ di co­se. Siamo cambiati un po’ noi. Chi l’avrebbe detto che l’Italia: sareb­be un nuovo tema d’esame per maturan­di, ma anche per un prossimo G20. In questo giugno ne abbiamo messa di car­ne al fuoco: una memorabile grigliata mista. Il calcio: partiamo con la naziona­le brutta e zozzona, le volanti a Covercia­no per consegnare avvisi di garanzia, l’intero movimento sputacchiato, cau­sa vergogna scommesse, e come brisco­la loro stessi, gli azzurri, completano l’operazione «amateci tanto» perdendo dalla Russia in amichevole, a poche ore dal via. Quanto a Balotelli, nemmeno il caso di ricordare: bullo, insopportabile, viziato e di un colore che ancora fatichia­mo a considerare veramente italiano. Ma vai col miracolo: tre settimane dopo abbiamo la nazionale bella e spettacola­re, che gioca sempre per segnare e per di­vertire, animo leggero e pensieri positi­vi, nessuna traccia del tetro paleolitico azzurro, tra catenaccio, opportunismi e anticalcio. E Balotelli? Doppio, triplo, multiplo miracolo italiano: ora Balo è un caro ragazzo, certo un pelino eccen­trico e vivace, ma queste sono doti belle, della nostra meglio gioventù, non pos­sia­mo pretendere che a vent’anni un pi­schello sia tutto casa e famiglia, ormai lo spiega pure Borghezio al congresso le­ghista, Mario è un simpatico negher di Padania che inorgoglisce tutta la diletta discendenza del dio Po.

Sarà scritto: giugno 2012, il lungo me­se dei nostri SuperMario. Anche l’altro, il capo di governo, parte battutissimo per il vertice europeo dell’economia.Al­tra impresa disperata: strappare alla Me­rkel lo scudo anti-spread, che è come strapparle un dente. Eppure passiamo anche lì. Se l’impresa è disperata, se i te­deschi incombono, noi ci mettiamo vo­lontà e fantasia, poi vediamo chi è sbrin­dellato e chi è invincibile davvero. Amici di Germania, un po’ di rispetto: siamo quelli del cucchiaio.

Oggi però non è più giugno, è già un al­tro giorno e pure un’altra storia. Dopo aver visto di cosa siamo capaci, vediamo quel che resta. Non è proprio il caso di considerare queste tre settimane come una specie di moratoria generale, come una catarsi nazionale che lava via tutte le impurità. I calciatori non possono pre­tendere il colpo di spugna sulle scom­messe per il solo fatto d’aver giocato be­ne. Le stesse idiozie di Balotelli, quando le ha fatte e se mai le farà, idiozie restano e non c’è euforia collettiva che possa eli­minarle. La nostra litigiosità politica, la nostra corruzione, il nostro debito pub­blico, i nostri sprechi: è ancora tutto co­me prima. Non possiamo rilassarci, c’è ancora molto lavoro da fare.

Però ci sia­mo convinti di nuovo, una volta di più, che niente è impossibile, per quelli del cucchiaio. Non esistono ostacoli insor­montabili e avversari imbattibili, per noi che siamo italiani. Confessione per­sonale: ho appena scritto italiani e nem­meno mi vergogno.

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