Roma - Non è un giorno facile per le «colombe» del Pdl. Strette a destra dai falchi e a sinistra da un Pd schierato con l'artiglieria pesante contro Silvio Berlusconi, i ministri di centrodestra del governo Letta incassano il contraccolpo di una sentenza che equivale alla sconfessione della tesi della «pacificazione possibile». L'ordine di scuderia è: restare calmi e non alzare i toni. E così i ministri si tengono a debita distanza dalle frasi al vetriolo e dalle dichiarazioni di guerra.
«Non ci sono diversità o opinioni diverse su una vicenda come questa. Le elezioni? Le idee esistono se possono essere realizzate, altrimenti sono fantasie. Non è che noi decidiamo di votare e domani si aprono le urne» spiega un dirigente del Pdl. Un altro esponente moderato respinge la tesi della «responsabilità-boomerang». «È Berlusconi stesso che in queste ore ci invita a placare gli animi, anche ieri dopo la sentenza ha ribadito a tutti: nervi saldi. Finora ha pagato questo atteggiamento responsabile in termini politici. È un'illusione pensare che facendo le barricate in Parlamento la magistratura avrebbe agito diversamente». Comunque «non ci siamo incatenati a questo governo, se ci saranno le condizioni si andrà avanti, altrimenti a casa».
Il clima, però, tra le colombe è cupo e il timore di una implosione dell'esecutivo è palpabile. Anche se, fanno notare, nel suo videomessaggio Berlusconi non ha citato affatto il governo e la sua linea, assicurano non è cambiata. «Anche perché», suggeriscono, «da sempre chi provoca le elezioni, poi le perde». In ogni caso tra i moderati del Pdl, l'auspicio è che in questa fase così rovente ci sia una sola voce in campo: quella di Berlusconi. Una tesi, quella del «silenziatore» delle parole in libertà, messa nera su bianco da Gianfranco Rotondi. «Alla riunione di gruppo non prenderò la parola e spero che si regoleranno così tutti i colleghi. Oggi è un giorno di dolore e di rabbia ed è giusto che parli Silvio per tutti noi. Alla fine è il più sereno e gli siamo grati anche di questo». Naturalmente non mancano timori e sospetti. Giuseppe Moles su Twitter si chiede: «Adesso vedremo chi saranno i nuovi Giuliani Amato di Berlusconi».
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