Monti pronto al bis

Il premier esclude solo la candidatura alle elezioni: "Non ho nessun piano politico, ma resto a disposizione"

Roma - È lo stile che fa l'uomo. A maggior ragione, il politico. A chi nutrisse ancora dubbi, per chi volesse trastullarsi ancora tra favole e scenari illusori, il conto è servito. Per meglio dire, in tanti hanno fatto i conti senza l'oste. Oste severo, sobrio, rigido, che non dispensa libagioni e che per vedere i bicchieri mezzi pieni li rende mezzi vuoti.
«Una fighetta insopportabile e inquietante, un genio del male», tanto per fare la sintesi degli appellativi piovuti ieri sul premier Mario Monti dai suoi detrattori (ancora questioni di stile), ma che inquadrano bene lo sconcerto e lo smarrimento di un'intera classe politica di fronte alla zampata del gatto sornione. Ha preso corpo il peggiore incubo per molti di coloro che, vivendo di parlamento, a questo punto si dovrebbero pur chiedere: «Ma noi, a che cosa serviamo?». Doveva succedere, considerate le non brillanti prestazioni dei nostri rappresentanti. Ed è successo: il Monti-bis, il governo che sopravvive alle elezioni e mette in scacco la politica, è ormai una realtà. Lo ha confermato lo stesso premier da New York - come nelle migliori performance dei politici di lunghissimo corso -, con il linguaggio consueto. Tra il sussiego del lord inglese e il politichese del miglior Aldo Moro: «È totalmente nelle mani delle forze politiche fare in modo che sia possibile governare il Paese. Dovessero poi sorgere circostanze per cui si potrebbe ritenere importante il mio servizio al Paese dopo le elezioni, sarò presente, valuterò la situazione. Lo spirito di appartenenza c'era e continua a esserci. Se potrò dare un aiuto, non precludo nulla. Ma spero che non ce ne sia la necessità», ha detto al Council of Foreign Relations.
Un quasi terremoto che si abbatte sul disastrato mondo di partiti in cerca di leader, motivazioni, alleanze, identità. «Spero che ci sarà un risultato chiaro con una chiara possibilità di formare una maggioranza e un governo guidato dai leader di questa maggioranza. Io non ho nessun piano politico», ha insistito Monti perfido. Però è pronto a rimettersi in cattedra di fronte alla solita classe di asini? «È corretto», ha risposto il british style.
Intanto il pensiero correva al povero Bersani, agli affanni di Vendola, alle bolse liti con la Bindi, alle ambizioni di Renzi, allo smarrimento di Alfano. Tutto spazzato via in un attimo: anche perché il «prof» aveva già precisato di non aver affatto bisogno di ricandidarsi, ché già siede a Palazzo Madama in qualità di senatore a vita. E la sua squadra, pur non avendo vinto, si ripropone in blocco (o quasi). Il ministro delle Politiche Agricole, Mario Catania, se ne dichiara «felice come cittadino, è la migliore soluzione, prosegua il più a lungo possibile»; quello della Cooperazione, Andrea Riccardi, la «condivide anche se è una posizione personale non collegiale, ma per me il problema non esiste» (comprensibile: sarebbe il più papabile candidato di Pd e Udc alla Regione Lazio).
Tutto deciso, allora? Inutile il voto, inutile la democrazia, paghiamo uno smilzo stipendiuccio ai tecnici e basta con tutte queste inutili (anzi dannose) complicazioni? Un altolà arriva da Silvio Berlusconi, che per prudenza si mantiene tra il sorpreso e l'incredulo: «Ma come si fa? Ci sono le elezioni, non sappiamo ancora nemmeno con che legge si va a votare...». Irritatissimo Bersani: «In tutto il mondo le elezioni decidono chi governa!». Feroce Di Pietro: «Se Monti vuole confrontarsi con chi propone un'alternativa alle sue politiche, democraticamente deve sapere che ci si candida e, se si ha il voto dei cittadini, si governa e non perché i poteri forti lo hanno messo lì per difendere i loro affari come già sta facendo». «Appicca il fuoco e si offre di spegnerlo», insorgono i vendoliani. «Insopportabile atteggiamento da fighetta» lo bolla Storace; «il genio del male getta la maschera», dicono dalla Lega.
Va a nozze Casini, però. Dopo tanto penare: era il suo sogno, forse persino s'avvera.

«Le liste che presenteremo alle elezioni chiederanno di richiamare Monti in servizio effettivo permanente. È una medicina amara, ma l'Italia ha ancora bisogno di questo premier». Pur di tenerselo, accetterebbe anche il prolungamento di Napolitano al Quirinale: «Il tandem ha lavorato bene». Paghi uno, prendi due.

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