Se non è una dichiarazione di resa, certo gli somiglia parecchio. E infatti queste parole sono bene accolte sul Colle, perché segnalano un Pd disposto a trattare su entrambi i tavoli e confermano le novità emerse dai contatti diplomatici delle ultime ore. Sì, sembrerà strano, ma in questo periodo per parlarsi Quirinale e largo del Nazareno hanno bisogno di ambasciatori. Ebbene, gli intermediari avevano riferito di un Bersani quasi in apnea e ormai convinto, dopo aver preso Camera e Senato, dell'impossibilità di conquistare quattro poltronissime su quattro. Qualcosa, tra Palazzo Chigi e Quirinale, dovrà mollarla, forse tutti e due.
E alla vigilia del braccio di ferro con Napolitano la posizione del segretario sembra indebolirsi di ora in ora. Dal sondaggio Sgw che stima un Pd guidato da Renzi al 44 per cento contro il suo 29, ai quasi cento voti che mancano al nuovo capogruppo Roberto Speranza e che segnalano che mezzo partito è in rivolta, fino al «no» ufficiale dei Cinque Stelle: «Non voteremo la fiducia a Bersani nemmeno se si mette a camminare sui ceci». C'è di più. I grillini non chiudono la porta a «un esecutivo guidato da persone esterne ai partiti». E la Lega, invece dell' «aiutino» sottobanco, si allinea al Cavaliere, con cui si presenterà insieme «in coalizione» domani dal capo dello Stato, e rilancia le larghe intese. «Un governo serve». Il presidente prende nota, in attesa di verbalizzare le varie posizioni.
Oggi comunque parte il valzer dei partiti nello Studio alla Vetrata. Si comincia con Grasso e Boldrini e con le forze più piccole. Il clou domani, con i big. Alle 9,30 il debutto di M5S, con l'atteso confronto ravvicinato tra Napolitano e l'ufo Grillo: i Cinque stelle vorrebbero filmare tutto con una webcam. Poi toccherà a Pdl-Lega e al Pd. Venerdì, se tutto andrà come previsto, Bersani avrà il suo bravo incarico.
E qui iniziano i problemi. Il segretario vorrebbe un mandato pieno, sulla base della sua incompleta maggioranza e dell'idea alternativa di cercare i voti mancanti al Senato sull'onda di un programma creativo e giovanilistico. «Vogliamo far girare la ruota», sostiene il leader del centrosinistra, ma è molto difficile che al capo dello Stato basti questa spiegazione ciclistica. Lui vuole i numeri, vuole una maggioranza certa.
Quindi Bersani dovrà accontentarsi di un pre-incarico. Non un incarico esplorativo, dicono i costituzionalisti, perché le esplorazioni le fa una figura istituzionale come ad esempio il presidente del Senato, non una politica come il capo di partito. Comunque sia, il segretario democratico farà le sue consultazioni e tornerà in fretta al Quirinale, dopo due o tre giorni al massimo, per riferire. Niente numeri, niente governo, questa la posizione del capo dello Stato. Vedremo se Bersani accetterà senza combattere e se Napolitano giocherà la carta del governo istituzionale. E se la situazione precipitasse, toccherebbe a Monti e non a Bersani portare il Paese alle elezioni.
Prima bisognerà scegliere un nuovo capo dello Stato. Il Pd dice di voler «concordare».
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