E se un obiettivo fosse don Georg Ganswein? Qualcuno comincia a chiederselo in Vaticano, calcolando le conseguenze dell'indagine sui presunti «corvi», responsabili della pubblicazione di documenti riservati del Papa non certo destinati allesterno. In effetti l'arresto del maggiordomo Paolo Gabriele e le voci sul coinvolgimento di altri personaggi molto vicini alle stanze del Papa, mettono in imbarazzo proprio il segretario personale di Benedetto XVI, che avrebbe dovuto vegliare a difesa del Pontefice e invece si sarebbe allevato delle serpi in seno. Certamente in questi anni di pontificato di nemici se ne è fatti parecchi, dovendo filtrare persone e documenti da presentare al Papa, tanto che in un'intervista concessa al giornale tedesco Suddeutsche Zeitung nel 2007 spiegava che passava molto del suo tempo a stoppare le richieste di accesso al Papa, tutte dello stesso tenore: «Solo un minuto..., Un'eccezione solo questa volta..., Il papa mi conosce da anni, sarebbe contento di vedermi». Ma questo in qualche modo è il duro mestiere del segretario personale del Papa. Però don Georg è anche molto diverso dai suoi predecessori: monsignor Macchi con Paolo VI e l'attuale cardinale Dziwisz con Giovanni Paolo II avevano da subito interpretato il loro ruolo in modo molto attivo, conquistandosi un indiscusso potere politico nella Curia vaticana. Don Georg no, ha sempre avuto una posizione defilata, sia per temperamento personale sia per il modo quasi casuale con cui si è trovato in quella posizione. Ganswein infatti diventò segretario dell'allora cardinale Ratzinger quando l'attuale Papa sembrava vicino al ritiro - per raggiunti limiti di età - dalla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede e non era certo pronosticato come papabile. Allora Ratzinger licenziò il suo storico segretario Joseph Clemens permettendogli di diventare vescovo, e per il poco tempo che gli restava prese un giovane come don Georg, tedesco come lui, destinato ben presto ad altri ruoli in qualche altra Congregazione. Ma l'esito del conclave dell'aprile 2005 spalancò a don Georg un futuro ben diverso da quello immaginato. E all'inizio si guadagnò la presenza sui giornali soltanto per le sue doti fisiche. Biondo, alto, ancora giovane (ha ora 54 anni), un fisico sportivo, la stampa inglese ebbe a definirlo una via di mezzo tra George Clooney e Hugh Grant. Ma con il tempo don Georg ha inevitabilmente accresciuto la sua confidenza con il ruolo e, pur non arrivando mai a esercitare un vero ruolo politico come il suo predecessore Dziwisz, ha lentamente accresciuto il suo potere in Vaticano e soprattutto la sua influenza sul Papa, specie dopo l'emergere della fuga di documenti e notizie che ha necessariamente costretto Benedetto XVI a restringere enormemente il numero di persone di cui fidarsi. Si sa che negli ultimi due anni c'è stato almeno un tentativo di allontanarlo dal Vaticano proponendolo per una nomina episcopale, e sicuramente gli ultimi sviluppi del Vatileaks lo mettono in una situazione difficile, bersaglio di chi invoca pretestuosamente la «pulizia» nella Chiesa.
Più difficile dire chi abbia interesse a «eliminare» il segretario del Papa: c'è chi parla di «gelosia» di qualcuno che si è visto scalzato nella gerarchia delle preferenze di Benedetto XVI, ma c'è anche chi accomuna il destino di Ganswein al segretario di Stato Tarcisio Bertone, a volte descritto come persecutore e altre volte come vittima di una caccia ai fedelissimi di papa Ratzinger. Certo è che un'uscita di scena di don Georg servirebbe soltanto a fare terra bruciata intorno a Benedetto XVI, che sempre più emerge come l'obiettivo ultimo di questa guerra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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