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Nel Pd sono già stufi del nuovo leader perdente di successo

Epifani: "Non ho un mandato a termine". L'ira dei big. Ma chi l'ha premiato scorda il suo flop in Campania, condiviso con Letta

Nel Pd sono già stufi del nuovo leader perdente di successo

Possono iscriversi a buon diritto al club dei perdenti di successo, Enrico Letta e Guglielmo Epifani. Nella tumultuosa sequenza di liti, errori e autogol che hanno travolto il Partito democratico, i due dirigenti hanno inaspettatamente conquistato la poltrona di presidente del Consiglio e di segretario del partito. Un colpo gobbo, considerando che i due dirigenti uscivano dal voto con una performance sul territorio non certo indimenticabile. Epifani e Letta erano, infatti, i capolista dei due collegi campani della Camera, una regione in cui, smentendo i sondaggi della vigilia, il centrosinistra ha incassato una sonora sconfitta dal centrodestra con un distacco di più di 8 punti percentuali: 29 contro 37,4%.

Nel collegio Camera 1, ovvero Napoli e provincia, il capolista era Epifani, nel collegio Camera 2 a guidare la squadra dei candidati era invece Enrico Letta. Sono stati loro due i «front-man» della squadra messa in campo per le politiche, gli uomini simbolo chiamati a battere il territorio e a fare da traino per attrarre consensi. Un'operazione fallita anche per liste giudicate da molti prive di un reale contatto con il territorio a causa di un eccesso di «paracadutati». Una scivolata che non ha impedito al Pd di premiare i suoi dirigenti in maniera inversamente proporzionale ai meriti elettorali acquisiti sul campo.

«Vincere in Campania è fondamentale. Questa regione è un po' come la Florida per gli Stati Uniti» erano state le parole pronunciate da Letta alla vigilia del voto. Una dimostrazione di consapevolezza del peso strategico della regione in cui era stato inviato. Una regione nella quale è stato costretto a fronteggiare liste del Pdl costruite tenendo fortemente conto del radicamento sul territorio e della «campanità» dei candidati con esponenti come Gianfranco Rotondi, Luigi Cesaro, Mara Carfagna, Nunzia De Girolamo, Nitto Palma e Alessandra Mussolini nei primi posti delle griglie. «La campagna elettorale l'hanno fatta e l'hanno fatta anche correttamente», ricorda il governatore Stefano Caldoro, uno dei registi del successo azzurro che con l'attuale segretario del Pd ha anche seduto nella direzione nazionale del Psi tra il '93 e il '94. «Letta è venuto varie volte, Epifani è stato molto presente. Si sono trovati, però, spesso a rincorrere su temi messi in campo da noi, dal rapporto con l'Europa fino alle proposte sui trasporti. Inoltre noi abbiamo potuto contare sul valore aggiunto della leadership di Silvio Berlusconi e sull'azione di sostegno del buongoverno locale, un mix di forza nazionale e lavoro sul territorio».

Al di là della retrospettiva sulla sua recente parabola post-elettorale, Guglielmo Epifani si trova ora ad affrontare il presente e ad avviare il lavoro preparatorio in vista del congresso d'ottobre. Ieri è stato ricevuto al Quirinale da Giorgio Napolitano. Ma soprattutto ha dovuto registrare le perplessità diffuse dei dirigenti del suo partito rispetto alle parole pronunciate in una intervista a Repubblica in cui ha sottolineato che il suo «orizzonte è il congresso e nessuno mi ha posto limiti».

Un modo per dire che non è affatto escluso che il traghettatore possa scendere in campo. E che ha fatto subito scattare il disco rosso dei suoi colleghi. «Epifani sia super partes e non si candidi» chiede Pippo Civati. «Il congresso? Ci sarà un rinnovamento generazionale» dice Massimo D'Alema.

Più esplicito Enrico Rossi.

«La scelta di Epifani può essere utile purché si chiarisca subito che il nuovo segretario non potrà correre come candidato premier e che il segretario in quanto di garanzia non sarà ricandidabile».

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