Le nipoti garibaldine litigano sulla tomba di nonno Giuseppe

Ma lì, a Caprera, nella tomba di Giuseppe Garibaldi, c'è veramente lui, ovvero le sue spoglie mortali; o il cadavere ivi racchiuso è quello di un impostore, di un cialtrone qualunque? I cultori di vicende garibaldine, da oltre un cinquantennio, sono divisi. Ed essendo morto Bettino Craxi, che dell'Eroe dei Due Mondi sapeva vita morte e miracoli, e come garibaldologo era più autorevole del faro di Nantucket, manca, al momento, una parola ferma e definitiva. Alcuni - se sia proprio lui, con barba e camicia rossa, o no - stanno con Annita Garibaldi Jallet, presidente dell'Associazione nazionale veterani e reduci garibaldini. Annita (con due «n») non ha dubbi sull'inquilino del sepolcro. E a riesumare la salma di Garibaldi per dirimere l'annosa sciarada, si oppone fieramente: «Una cosa senza senso, che non ha fondamento giuridico o scientifico. Non si gioca con una tomba» dice.
C'è però un'altra Anita (con una «n» sola, stavolta) che sulla vicenda è pronta a scatenare una guerra senza quartiere. Anita, anche lei pronipote del mitico, insiste sulla opportunità di aprire il sacello e indagare a fondo. E intanto denuncia le minacce (una voce al telefono, in piena notte: «Ti pentirai di quello che stai facendo»!) di cui, a suo dire, sarebbe stata recentemente vittima. Annita Garibaldi Jallet, quella con due «n», è figlia unica di Sante e Beatrice Garibaldi. Sante era figlio di Ricciotti, quarto ed ultimo figlio di Giuseppe. «Non vi è alcuna ragionevole ipotesi - dice Annita, che ha insegnato Diritto Costituzionale e Scienze Politiche all'università di Bordeaux - per sostenere che il Generale non sia sepolto lì a Caprera. Parlo anche a nome dei miei cugini Giuseppe e Vittoria, figli - come Anita - di Ezio Garibaldi. Ci opporremo a questa ipotesi e resisteremo a ogni tentativo di aprire quella tomba, finchè non ci saranno ragioni valide per farlo». Duretta, insomma. Anche perché, dice, è stata a Caprera due settimane fa, quando ci è andato il presidente Napolitano, e ha «constatato l'ottimo stato di manutenzione delle tombe. Nessuna delle tante autorità presenti ha espresso il benchè minimo dubbio sul fatto che quella fosse la sepoltura dell'eroe dei Mille». Sulla vexata quaestio, Annita cita il recente libro del professor Ugo Carcassi «Giuseppe Garibaldi. La salma imbalsamata o bruciata?». Libro che fa terra bruciata intorno all'ipotesi del bruciamento.
Vero il contrario, spara a palle incatenate la cugina Anita, quella con una «n» sola, anima di un Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici che ha in Silvano Vinceti (che già si è occupato del ritrovamento del luogo di sepoltura dei resti di Caravaggio e della Monna Lisa) il suo presidente. Anita e quelli del Comitato progettano di aprire la tomba dell'Eroe in settembre, alla rinfrescata, dando aria, oltre che ai resti mortali, anche al mito del capo dei Mille. Una squadra di antropologi e di esperti di imbalsamazione, oltre a scrutatori di Dna, è pronta a scendere in campo. La decisione arriva dopo «due anni di attesa» e una raccolta di firme in cui figurano anche quelle di Massimo D'Alema, Stefania Craxi e Sandro Bondi.
Lo scopo, dice Vinceti, è accertare lo stato di conservazione della salma, verificando anche il suo grado di polverizzazione. Dunque date per scontato che il corpo sia il suo, cioè del Garibaldi medesimo? «Tutti noi presumiamo che i suoi resti mortali - spiega Vinceti - siano conservati a Caprera. Ma se le sue spoglie non ci dovessero essere più, si aprirebbe una questione di sottrazione di competenza della Procura della Repubblica». Insomma, il giallo è aperto.

E sul fatto che quella tomba sia stata manomessa, magari anche solo da un fan, Anita non ha dubbi: «Fino al 1932, quando mio padre l'aprì, il Generale era lì. Poi non si sa bene che cosa è successo. Dunque perché opporsi al nostro progetto? Anche padre Pio, Mazzini e Carducci sono stati riesumati».

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