La prima cosa che viene in mente è la vecchia battuta folgorante di Ennio Flaiano, raffinato scrittore pescarese, sceneggiatore di classe e disincantato giornalista: «I fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti». Altri tempi, altri cervelli, altro senso dell’umorismo. Oggi abbiamo Maurizio Crozza. Occorre accontentarsi. Delusione totale, invece, suscita verificare che i politici e gli antipolitici contemporanei non sono capaci neanche di insultarsi; per farlo ripiegano su stereotipi logori, formule antiquate e inefficaci.
Udire Pier Luigi Bersani dare del fascista a Beppe Grillo fa venire il latte alle ginocchia; identica reazione provoca il comico ligure con la sua replica al segretario del Pd: piduista! Se il livello è sceso tanto in basso,non solo c’è da rimpiangere la vena sarcastica di Giancarlo Pajetta, fenomenale polemista in tre parole, o di Fortebraccio, ex democristiano passato al «nemico rosso» e autore di un’imperdibile rubrica sull’ Unità , ma perfino la verve degli attaccabrighe da osteria che, a corto di argomenti, si scambiavano ( e talvolta ancora si scambiano) villanie ruspanti e sanamente volgari: testa di cazzo e faccia di merda, per esempio, che se non altro non pretendevano di avere radici politico-culturali.
Sul piano dell’inventiva, nel grigiore generale svetta comunque Grillo che, inoltre, gode di un’attenuante: non è un tribuno professionista benché cerchi di diventarlo.Mentre l’altro,Bersani,è proprio negato nell’arte del litigio verbale. Gli conviene seguitare a citare i proverbi rurali della nonna e lasciar perdere i battibecchi destinati ad avere risonanza mediatica. Massì, vada avanti con le «bambole da pettinare», con i «leopardi da smacchiare» e le «coccinelle con i puntini neri da schiacciare». Si mantenga su questa cifra, è perfetta per lui piacentino di Bettole, un toponimo che è tutto un programma (poco politico).
Non so se sia un auspicio o un timore: se la prossima campagna elettorale si atterrà allo stile esibito recentemente da Bersani e Grillo, non ci annoieremo. Sarà come assistere a una rissa tra giovinastri; vincerà chi avrà in riportato meno lividi. Spettacolo (anche televisivo)garantito.I protagonisti della competizione, tuttavia, non si lagnino poi se gli elettori faranno registrare il massimo delle astensioni e il minimo dei consensi. Probabilmente l’antipolitica, avanti di questo passo, la trionferà.
Un’ultima osservazione. Silvio Berlusconi fino ad alcuni anni fa veniva sbeffeggiato dalla sinistra perché soleva dare del comunista a chiunque fosse stato comunista. Non c’era nulla che offendesse i compagni quanto ricordare loro ciò che erano stati: non in un’altra vita, ma in questa, visto che il Pci fu sciolto regnante Achille Occhetto - nel 1989. E, guarda caso, sia Massimo D’Alema sia Walter Veltroni sia Pier Luigi Bersani (e moltissimi altri, un elenco infinito) di quel Pci erano stati dirigenti di prima grandezza. Come mai si sentivano feriti se tacciati di comunismo? Forse perché si vergognavano del loro passato prossimo? Non so.
Sta di fatto che il Cavaliere era deplorato perché diceva pane al pane, vino al vino e comunista al comunista. Contrordine compagni: ora è il leader dei progressisti che gira la frittata e liquida l’avversario Grillo definendolo fascista, dimenticandosi che il fascismo morì 46 anni prima del comunismo.
È lecito attribuire l’appartenenza al fascio a chi è nato a fascio sfasciato? Mah! Forse gli ex comunisti, a forza di autoriformarsi, hanno riformato anche la semantica di «fascista», trasformando questo sostantivo (e aggettivo) dal significato preciso in un sinonimo di «stronzo»? Se è così, per par condicio, si compia analoga operazione arbitraria col vocabolo «comunista».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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