"È ora di fermare la teoria del sospetto delle toghe"

Il professor Giarda: "Senza prove certe i sequestri di beni sono incostituzionali"

MilanoIl video sta facendo il giro del web: l'ex pubblico ministero Antonio Ingroia che a Ballarò spiega la sua strategia per la lotta al crimine, affermando che è giusto sequestrare i beni ai cittadini anche senza prove, sulla base di semplici sospetti; e il conduttore Giovanni Floris che strabuzza gli occhi dallo stupore. Ma Floris non è l'unico a essere rimasto colpito dalla enunciazione del «teorema Ingroia». A trovare inaccettabile la tesi del pm-candidato è anche uno dei maggiori esperti italiani di procedura penale: Angelo Giarda, che come ordinario alla Cattolica di Milano ha formato generazioni di giuristi. E che spiega al Giornale che quella di Ingroia è una cultura del sospetto che fa a pugni con la Costituzione e con le norme europee.
“Quando si inseguono i patrimoni si possono abbassare le garanzie”, ha detto Ingroia. Si può colpire “se ci sono indizi che fanno presumere”. È così, professor Giarda?
«Purtroppo le opinioni di Ingroia non sono affatto isolate. È il percorso logico che troviamo quasi abitualmente nelle misure di prevenzione, quelle che colpiscono i patrimoni sulla base di sospetti e presunzioni. Ma il fatto che molti suoi colleghi la pensino come Ingroia non rende la cosa meno grave o più accettabile».
Ingroia dice: se si facesse come dico io, sequestreremmo tanti soldi da aggiustare i conti dello Stato.
«Non so se aggiusteremmo i conti dello Stato. Ma so che questo approccio è figlio di una cultura nata in tempi lontani e superati, e che oggi contrasta in modo evidente con la Costituzione, con il suo articolo 111 che stabilisce il principio del giusto processo basato sulla prova».
Ma Ingroia sostiene: se invece che mettere qualcuno in prigione vogliamo aggredire il suo patrimonio, possiamo accontentarci di indizi.
«E questo dove sarebbe scritto? Non esistono un processo di serie A e uno di serie B, uno dove esistono le garanzie e uno dove ci si accontenta dei sospetti e delle presunzioni. La dottrina giuridica ritiene da tempo che questa cultura del doppio binario non abbia ragione di essere né fondamento normativo».
Ingroia evidentemente non è d'accordo. Ma anche diverse leggi hanno negli ultimi anni invertito l'onere della prova: deve essere il cittadino a dimostrare che i suoi beni hanno provenienza lecita, e non il contrario.
«Ma un conto è quello che il legislatore ha previsto in casi e contesti specifici. Tutt'altro è teorizzare l'esistenza di una giurisdizione monca, dove il principio del giusto processo non ha diritto di cittadinanza, e dove le ipotesi prendono il posto delle prove.

Dal 1999 nella nostra Costituzione è stato inserito un principio fondamentale, che è il giusto processo, e che non fa distinzioni tra misure di sicurezza e misure di prevenzione, tra libertà personale e patrimoni. La giurisdizione si basa sulla formazione di prove in senso stretto. Il resto è cultura del sospetto».

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