Ora Renzi vuole stangare i maxi stipendi dei privati

I tagli non riguarderanno solo i dirigenti pubblici. Il governo punta così a recepire i rilievi della Consulta

Il premier Matteo Renzi col ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan
Il premier Matteo Renzi col ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan

Tira aria di patrimoniale. Mentre il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan fa di conto per trovare le coperture economiche agli interventi promessi, Matteo Renzi tenta il blitz per raccimolare qualche euro in più stangando gli stipendi di tutti i dirigenti, pubblici e privati. Si tratta di una sorta di "tributo di solidarietà" per coprire il taglio del cuneo fiscale, quegli 80 euro in più in busta paga alle famiglie più povere su cui il presidente del Consiglio ha deciso di "giocarsi la faccia". Così, per evitare che la Corte Costituzionale gli bocci la misura considerandola incostituzionale perché "limitata ai soli dipendenti pubblici", ecco che dal cilindro magico tira fuori l'estensione ai privati.

Renzi vuole assolutamente approvare prima di Pasqua il decreto con il taglio del cuneo fiscale per rispettare la promessa degli 80 euro in busta paga da maggio. Ma per il governo è corsa contro il tempo: entro domani le Camere devono licenziare il Def a maggioranza assoluta mentre Palazzo Chigi deve definire le coperture dalla spending review e risolvere il nodo per garantire gli sgravi anche agli incapienti. L’ultimo tassello, di prassi ma ugualmente delicato, è avvisare la Commissione Europea del rinvio al 2016 del pareggio di bilancio con una lettera che, come ha annunciato ieri sera Padoan, è già stata inviata. "Daremo una quattordicesima a 10 milioni di italiani", continua a ripetere il premier pur sapendo che il nodo delle coperture economiche rimane. Sebbene il sottosegretario Graziano Delrio assicuri che tutte le risorse per il taglio del cuneo arriveranno dalla spending review, all'orizzonte si prospetta l'ennesima patrimoniale.

Come anticipa ItaliaOggi, il governo starebbe pensando di varare "un contributo di solidarietà sui maxi stipendi che non farà distizione tra pubblico e privato". Il decreto che conterrà i tagli ai maxi stipendi dovrebbe approdare al Consiglio dei ministri di venerdì conestualmente a quello che servirà ad alzare lo stipendio a 10 milioni di italiani. Il blitz per far rientrare anche i manager privati nella platea dei 300mila dirigenti pubblici non è dettato solo dalla necessità di far cassa, ma di non incorrere nella stessa bocciatura che era toccata a Giulio Tremonti. Nel 2010 l'allora ministro dell'Economia aveva disposto la decurtazione del 5% delle retribuzioni pubbliche sopra i 90mila uero lordi annui e del 10% di quelle superiori a 150mila euro. Due anni dopo la Corte Costituzionale si era messa di traverso spiegando che "l'introduzione di una imposta speciale, sia pure transitoria ed eccezionale, in relazione soltanto ai redditi di lavoro dei dipendenti dellla pubblica amministrazione, vìola il principio della parità di prelievo a parità di presupposto di imposta, perché il prelievo è limitato ai soli dipendenti pubblici". Insomma, per recepire i rilievi della Consulta, Renzi punterebbe a tagliare anche gli stipendi dei privati.

Da qui a venerdì sarà comunque una corsa contro il tempo: per blindare le coperture e per onorare tutti i passaggi parlamentari, formali ma imprescindibili. Il Def, ora in commissione Bilancio alla Camera, deve essere approvato entro venerdì sia a Montecitorio sia a Palazzo Madama.

Il presidente della commissione Bilancio del Senato Antonio Azzolini avrebbe sollevato delle perplessità sui tempi ridotti per l’esame del documento ma Renzi vuole ad ogni costo il via libera. Approvazione che dovrà avvenire con la maggioranza assoluta dell’Aula assicurando, soprattutto visti i numeri a Palazzo Madama, la presenza di tutti i senatori. E le opposizioni, sono già partite all’attacco.

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