Il Pd prepara la scissione tra Barca e il rottamatore

Bersani piange a Montecitorio appena rieletto Napolitano. E il "giovane turco" Orfini prevede: "È solo l'inizio". I democratici si schierano già in vista del congresso

Il Pd prepara la scissione tra Barca e il rottamatore

L'applauso scrosciante per la rielezione di Giorgio Napolitano echeggia ancora nell'aula, il segretario ormai dimesso Pier Luigi Bersani piange col volto tra le mani sui banchi Pd, e in Transatlantico Matteo Orfini già fa capire che il terremoto nel suo partito è solo all'inizio. E che il «Midas del Pd» (dal nome dell'albergo romano dove si realizzò con Bettino Craxi il ricambio generazionale alla guida del Psi) è appena cominciato, e non è escluso affatto che si concluda - a breve - con una scissione. È lo stesso vicesegretario Enrico Letta a denunciarlo: «Il rischio scissione esiste, non si può negarlo, ora bisogna fare pulizia nel partito». E molti, con un paradossale riferimento storico alla Svolta che chiuse il Pd, parlano di necessità di una «Rifondazione democratica».
La questione che pone Orfini, prima di immergersi nell'ennesima riunione dei «Giovani turchi», è secca e chiara: «Ora chi guiderà la trattativa sul governo? Il segretario, il suo vice, la presidente, il gruppo dirigente è tutto dimissionario.

E sarebbe ridicolo che alle consultazioni con Napolitano andassero i capigruppo Speranza (che vuol dire Bersani), Zanda (che vuol dire Franceschini) e Letta (che vuol dire Letta): io non mi sentirei rappresentato, né tenuto a seguire la loro linea, se si arriverà ad un voto di fiducia su un esecutivo». Non si può più «tenere fuori Renzi dalle decisioni»; per Orfini, e certo non si possono tenere fuori i giovani turchi e quel che attorno a loro si sta coagulando. Una feroce e ormai aperta guerriglia interna contro la gestione bersaniana, contro il «tortellino magico» dei Migliavacca e degli Errani, contro gli stessi capigruppo eletti solo un mese fa, ma in un'altra era politica. Nessuno sa chi e come deve gestire nell'immediato questa fase, prima dell'inevitabile congresso in tempi ravvicinatissimi (e di una candidatura a leader del partito che ormai Matteo Renzi ritiene quasi inevitabile) e questo rende difficilissimo anche il varo del futuro governo di larghe intese, almeno per quanto riguarda il Pd. Dove ovviamente convivono linee diametralmente opposte, e l'idea di dare il via ad una maggioranza con il Pdl è fortissimamente osteggiata dall'ala grillin-movimentista assai presente nelle nuove leve di parlamentari.

Uno di loro, Filippo Fossati (un braccio ingessato per un incidente) ha avuto la bella pensata di alzarsi nell'assemblea dei gruppi, ieri a ora di pranzo, e chiedere a Bersani che aveva appena annunciato - tra gli applausi - il Napolitano bis: «Ma avete esperito fino in fondo, anche coi grillini, l'ipotesi Rodotà?». Ha rischiato il linciaggio: «Ora ti rompo anche l'altro braccio» lo ha minacciato (ironicamente) il tesoriere Misiani. Ma sono molti i neoparlamentari (e non solo neo), ostaggi di una parte della base ormai cannibalizzata dal grillismo, che ancora ieri mattina si sono riuniti in separata sede per continuare a portare avanti la candidatura Rodotà. E che hanno trovato una sponda negli appelli a favore dell'ex garante della Privacy (e contro Napolitano e le larghe intese) di Fabrizio Barca, di Cofferati, Landini, Emiliano.

Spiegano i franceschiniani: «È matematico che nel voto di fiducia al futuro governo perderemo un pezzo, una parte della sinistra se ne andrà e sarà la premessa per un nuovo partito con Sel e Barca. Ma non è un male: finalmente si farà chiarezza». Vendola organizza per l'8 maggio il lancio di un «cantiere per la nuova sinistra», aspettando l'arrivo di nuove truppe dal Pd.

E Renzi (che è in contatto con Napolitano, e si mostra convinto che il governo, se nascerà, durerà al massimo un anno) guarda senza allarme alla futura scissione: «Lo scenario è buono per noi - spiega uno dei suoi strateghi - Bersani non c'è più, a sinistra faremo pulizia di ogni grillismo e rifondarolismo, quelli di Scelta civica sono pronti a venire con noi e Renzi sarà il candidato premier».

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