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Il Pdl fa autocritica e riparte: "Pronto un nuovo partito"

Dopo la sconfitta ai ballottaggi si scatena il dibattito interno tra analisi, ricette e qualche veleno. La Santanchè: "Presto Berlusconi illustrerà il modello"

Il Pdl fa autocritica e riparte: "Pronto un nuovo partito"

Roma - Psicodramma nel Pdl. Se Berlusconi tace, nel partito è un ribollire di accuse e recriminazioni. Il flop elettorale impone l'autocritica e nessuno è disposto a minimizzare la sconfitta. Ma le ricette per risalire la china sono tutt'altro che uniformi. Punti cardine, su cui tutti concordano, sono due. Il primo: il Pdl così non va. Il secondo: il Pdl, senza Berlusconi, non c'è. Per il resto sono cinquanta sfumature di malumore. In questo quadro riemerge forte la voglia di rifare Forza Italia.

Lo fa capire Daniela Santanchè che addirittura annuncia: «Ho consegnato insieme a Verdini e Capezzone un nuovo modello di partito. Posso solo dire che a giorni sarà Berlusconi a comunicarlo». E ancora: «Il Pdl nasceva con degli alleati che oggi non ci sono più e forse non è mai entrato nel cuore della gente. C'è quindi la necessità di trovare un nuovo modello di organizzazione, dopo la decisione del Cdm di abolire il finanziamento pubblico ai partiti». Già, i soldi. Al partito si mormora che verranno rivisti i criteri per individuare i responsabili regionali. Determinante sarà il budget: i coordinatori dovranno portare in dote risorse. Intellettuali, certo; ma anche materiali. In tanti chiedono un partito leggero, stile vecchia Forza Italia. Michaela Biancofiore è un fiume in piena e va oltre: «Il Pdl è visto come stantio, vecchio. Rimanga pure ma accanto rinasca una Forza Italia iperberlusconiana, giovane, fresca». Insomma, una nuova «cosa»: una bad company rappresentata dal Pdl e dalla vecchia nomenklatura; e una good company formata da berlusconissimi, giovani e che, dice Biancofiore, abbiano voglia di mettersi in gioco. «Manca gente che faccia proprio il motto di Steve Jobs: “Stay hungry, stay foolish”», giura il sottosegretario. Ossia: siate affamati, siate creativi. Serve gente giovane, gente nuova.

Uno giovane è il sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo, peraltro ricevuto due giorni fa ad Arcore dal Cavaliere. Cattaneo, uno dei leader di «Formattiamo il Pdl», lo ha detto chiaro a Berlusconi: «Il partito va ripreso in mano, ripartendo dalla base». Ossia da tanti giovani e bravi amministratori locali. Cattaneo ha fatto da portavoce a molti sindaci pidillini, tra cui Guido Castelli (Ascoli), Paolo Perrone (Lecce), Umberto Di Primio (Chieti), Oreste Perri (Cremona), Giorgio Silli (assessore a Prato) e altri. Le sue doglianze: «In periferia siamo divisi e prevale una logica individualista. Il partito come luogo di dibattito è assente». E Berlusconi ha annuito: «È vero, dobbiamo organizzarci meglio. Dobbiamo fare come se fossimo un'azienda». Altro tema caro a Cattaneo e agli altri: le primarie. Almeno a livello locale. Così si possono lanciare i giovani talenti. Già, i giovani. Imputata è la vecchia classe dirigente, i cosiddetti senatores pidiellini. Problema di età, quindi? Il coordinatore Bondi non la pensa così: «La nostra debolezza non è l'attuale dirigenza del partito, bensì la nostra difficoltà a far emergere personalità autonome con il coraggio delle proprie idee. Partito da rifondare con la parola d'ordine di essere «leggero». Anche se Gasparri non la pensa così: «Macché leggero, occorre che sia ben radicato sul territorio».

Al di là delle soluzioni, è l'ora dell'analisi e dei veleni. Qualcuno ce l'ha pure con il segretario Alfano: «La sconfitta non si può certo imputare al segretario anche se, se non sei riuscito a fare la rivoluzione e alle elezioni non ne azzecchi una, neppure nella tua Sicilia, qualche mea culpa dovresti farla», si sfoga un deputato. «In fondo si può essere bravissimi a fare il ministro e il vicepremier.

Meno il segretario di partito».

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