Il pittore che fa il ritocchino alle donne dei capolavori

Nazareno Crea modernizza al computer le icone del passato Così è nata una Gioconda con labbra carnose e una Maja più magra

La Monnalisa di Leonardo Da Vinci e quella reinterpretata da Nazareno Crea
La Monnalisa di Leonardo Da Vinci e quella reinterpretata da Nazareno Crea

Un nasino più piccolo con la punta all'insù, le spalle più ossute, la vita più sottile. Pancia piatta, fianchi appena accennati. Una modella taglia 38? Macché, la Venere di Milo rifatta con il photoshop. Labbra più carnose, zigomi appuntiti, caviglie assottigliate le cosce come quelle di una gallinella, le forme meno rotonde. Della Maja Desnuda che tanti problemi diede al Goya forse riconoscereste soltanto il sesso impudicamente esibito ai tempi dell'Inquisizione spagnola. Sono tutte come le skinny models di oggi, le creature dell'artista italiano Nazareno Crea che, a suon di ritocchi, ha rivisitato al computer decine tra le opere d'arte più famose del diciannovesimo secolo che hanno come protagoniste la donna e il corpo femminile. Obiettivo del lavoro di Crea, acquistabile nella galleria online di Giovanni Carmine, è mostrare com'è cambiata la percezione della bellezza femminile nel tempo attraverso una moderna tecnica artistica come il ritocco fotografico.
Di creativo in questo gioco di riproduzioni modificate c'è ben poco, se non l'idea e l'effetto finale. Effettivamente sorprendente comunque la si pensi. Le splendide forme della Venere del Botticelli emersa dalle acque si riducono della metà, delle forme generose e abbondanti della donna ignuda che appare nella famosa tela di Manet «Colazione sull'erba» non rimane che uno sbiadito ricordo. La Fornarina di Raffaello ha perfino lo sguardo più aguzzo insieme alle ossa delle braccia e delle spalle. Non c'è posto per le rotondità nelle opere d'arte rubate di Crea che le ricompone, a suo dire, con l'occhio degli stessi artisti, se questi fossero vissuti nel nostro secolo. Persino la Gioconda di Leonardo ha le labbra a canotto e gli zigomi gonfiati in una visione al silicone del tutto personale.
«Il mio fine ultimo - ha dichiarato al britannico Daily Mail - era esplorare tutte le nuove possibilità aperte dal ritocco fotografico nella percezione della bellezza femminile secondo i nuovi canoni estetici». Tutto qua, nessun giudizio, nessuna comparazione di merito su quale canone di bellezza fosse il migliore, se quello del passato in cui la sensualità è tutta una generosa offerta di languide curve, o quello del presente che equipara bellezza a magrezza estrema. Se l'autore del gioco sia stato veramente così ingenuo da credere che il suo lavoro non avrebbe suscitato un vespaio di polemiche o se invece l'abbia messo in conto fin dall'inizio non si sa. E' certo che la polemica è divampata feroce non appena le immagini delle opere ritoccate sono apparse sul web. Le critiche non si sono fatte attendere e spesso sono state negative. Mary George, portavoce dell'organizzazione B-Eating Disorder ha commentato seccamente: «le persone nascono di tutte le forme e di ogni taglia e prima la nostra società inizierà a riflettere questa verità, meglio sarà per tutti». Crea ha accolto con diplomazia ogni commento smentendo pero' l'intenzione di voler far nascere una discussione sui canoni estetici attuali. «So che si discute di questo problema - ha risposto - ma non trovo nulla di male nella bellezza come viene vista attualmente, ognuno è libero di scegliere in fondo». Jonathan Clancy, direttore di American Fine and Decorative Arts al Sotheby's Institute of Art di New York non è rimasto affatto impressionato dai lavori dell'artista italiano che ha definito «infantili e rivoltanti». «Al giorno d'oggi ci sono modelle troppo magre, ok questo l'abbiamo capito -ha dichiarato senza entusiasmo - ma questi lavori mi sembrano più simili ad un progetto scolastico.

Non hanno ne' la profondità intellettuale né la vena creativa insite nelle vere opere d'arte». I ritocchi insomma, lasciamoli al chirurgo estetico e ai fotografi di moda. E per le copie artistiche avevamo già Andy Warhol.

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