Qualcuno dice convinto: siamo tornati all’inizio degli anni Novanta, quando Antonio Di Pietro avviò Mani pulite e ridusse in poltiglia il pentapartito. Non credo. La situazione oggi è più grave. L’unico punto in comune fra le due epoche è questo: gli ex comunisti si tirano ancora fuori, come allora. Ogni giorno salta fuori un ladro. Si ruba dovunque che è un piacere: da Nord a Sud è tutto uno sgraffignare denaro pubblico. Il federalismo funziona solo in un settore: quello del furto sistematico, organizzato, pianificato.
Ci eravamo scandalizzati per l’avidità della cricca. Era solo l’antipasto. Non immaginavamo che il piatto forte dovesse ancora arrivare. È arrivato. Milano, Firenze, Bologna, Bari e Imperia: alé, giù coi saccheggi. La vicenda più assurda è quella della Margherita, costola del Partito democratico. Ballano 300 milioni di euro ( 600 miliardi di lire), proventi del finanziamento pubblico (abolito da un referendum e resuscitato all’unanimità dai partiti). Chi li ha presi? Non si sa. La colpa viene data in toto al tesoriere, Luigi Lusi. Il quale ovviamente nega. Dice sibillino che se gli viene l’uzzolo di parlare, manda in vacca l’intera sinistra.
Francesco Rutelli, ex capo della sullodata Margherita, è sdegnato. E ha cambiato fiore: ma proclama di essere un giglio. Lui di soldi non sa nulla. Non ne ha mai visti. Ha lasciato fare tutto, ma proprio tutto, al senatore dalle tasche gonfie. Non ha mai controllato, s’era addirittura dimenticato di quel tesoro: aveva ben altri pensieri in testa, altro che il patrimonio del partito. Trecento milioni di euro in fondo sono (una sciocchezza, specialmente se non li hai guadagnati, ma te li hanno regalati quei fessi dei cittadini. Un leader si distrae, medita tattiche e strategie, mica si perde in faccenduole di milioni. Può darsi abbia ragione Rutelli. All’insensatezza non c’è limite.
Ieri Il Fatto Quotidiano, sul tema, ha pubblicato un’intervista con Ugo Sposetti, tesoriere pure lui, ma degli ex comunisti, il quale tesse l’elogio dei rimborsi elettorali. Dice: guai se non ci fossero, Silvio Berlusconi avrebbe vinto per l’eternità. Aggiunge che i bilanci del suo partito sono certificati. Da chi? Non lo ha specificato. Il suo discorso ha una finalità: dimostrare che i compagni sono verginelli. Il grano che hanno intascato è stato impiegato bene: in propaganda e attività politiche. Però, che bravi ragazzi. Guai se i partiti non ricevessero una pioggia di quattrini sottratti alla fiscalità generale, comanderebbero i poteri forti, il Cavaliere e chiunque con un conto corrente ricco.
Personaggio bizzarro, Sposetti. Finge di non sapere che i rimborsi elettorali sono pubblici quando vengono sborsati, ma quando entrano nelle segreterie diventano privati e nessuno ha il diritto di sindacare su come siano poi spesi. Gli utilizzatori finali del valsente non sono obbligati a giustificarsi né a rivelarsi. La legge che disciplina i fondi sembra studiata apposta per favorire i profittatori, che magari si riuniscono in bande allo scopo di proteggersi l’un l’altro. La contabilità è un optional, vietato metterci il naso. Oddio,in Parlamento c’è chi è incaricato di verificare la correttezza dei bilanci. Ma non ha facoltà di andare oltre la forma, anzi, la formalità. Su questo punto non c’è destra né sinistra che tenga: sono tutti d’accordo che va bene così madama la marchesa.
Se si tratta di palanche non esistono contrasti. Non c’è verso di sapere come siano investiti i capitali in dotazione dei partiti. I quali comunque sono costituiti da uomini. E agli uomini i soldi non bastano mai. In caso di necessità personali, ciascuno si arrangia: le tangenti non sono mai passate di moda, come si evince dalle cronache. Un progresso è stato fatto a Bari e dintorni: i cibi di lusso hanno sostituito le mazzette. È migliorata la qualità della malavita. I partiti intuiscono: sono arrivati gli ultimi giorni di Pompei e conviene grattare più che si può, darci dentro con foga, adesso o mai più. Chi gira un milione al fratello. Chi si procura (in cambio di che?) posti barca e posti di lavoro per i parenti.
L’assalto alla diligenza procede senza requie. I cittadini leggono sgomenti e meditano vendetta. Se sentono nominare un partito, qualsiasi partito, hanno le convulsioni. Sono nauseati. Non si fidano di alcun movimento, neppure quelli di protesta. Preferiscono il più grigio dei tecnici al più colorito dei politici professionisti. Urge una scossa. Una rivoluzione. È appena uscito un saggio di Mario Giordano, Spudorati , che descrive l’Italia degli sprechi, degli spreconi e dei predoni. Fa venire i brividi. Scopre altarini dovunque. I protagonisti delle grassazioni sono i partiti di ieri che assomigliano tanto a quelli di oggi. Nulla è mutato.
Così si spiegano il debito pubblico più alto del mondo e le tasse più alte del mondo. Milioni di persone campano alle spalle di chi produce e paga un balzello al dì. Il cancro della politica e quello della burocrazia ci stanno divorando. Siamo nelle mani dei professori. Oddio in che mani siamo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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