Pomarici contro Bruti: per favorire Ilda tradisci Md

In due lettere del 2010 ora al Csm, il pm accusa il capo sul caso Ruby: "Non avallo le tue scelte"

Pomarici contro Bruti: per favorire Ilda tradisci Md

La crepa si allarga. Alla procura di Milano non c'è solo il duello fra Edmondo Bruti Liberati e il suo aggiunto Alfredo Robledo. No, c'è almeno un altro scontro in atto: Bruti è ai ferri corti con un altro peso massimo della magistratura ambrosiana, Ferdinando Pomarici, uno dei pm più noti della città. Addirittura dal 2010, come racconta Panorama oggi in edicola, i rapporti fra i due si sono incrinati. E si sono fatti tesissimi. Qualcosa era già emerso dalle successive puntate della querelle sul processo Ruby: fra un'audizione e l'altra al Csm, Pomarici aveva fatto capire di non condividere la scelta da assegnare al pool di Ilda Boccassini il delicatissimo caso. Ora però scopriamo che non si trattava di perplessità; no, di più, dal 2010 i due sono separati da un muro. Il muro della procura. E Pomarici, ascoltato dal Csm, ha depositato due lettere inviate proprio a Bruti Liberati che la dicono lunga sulle asprezze di una divisione ormai insanabile. Attenzione: tutti e due i messaggi sono del novembre 2010, un'epoca non sospetta, una stagione precedente a quella degli scontri di oggi.
La prima missiva è un vero e proprio atto d'accusa al collega che avrebbe tradito gli ideali di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe italiane. Pomarici fa sapere al capo dell'ufficio che non intende più partecipare alle riunioni della dirigenza: «Il disagio - scrive - si è fortemente acuito per effetto di alcune tue scelte che assolutamente non condivido e che non voglio in alcun modo avallare». A cosa si riferisce Pomarici? «Alla nomina - spiega lui stesso - di una collega alla Direzione distrettuale antimafia». «Mi sembra - prosegue implacabile il pm - priva di alcun requisito idoneo all'assegnazione alla Dda se non quello, pare, di essere stata uditrice giudiziaria dell'attuale coordinatore». Che poi è Ilda Boccassini. Per Pomarici, pur di favorire l'«allieva» della Boccassini, Bruti è venuto meno ai suoi principi. Testuale: «Mi stupisce che un esponente storico come te di Md, che si è sempre caratterizzata per le battaglie più decise in tema di concorsi interni, abbia poi rinunciato a tali principi quando, forse, richiesto di derogarvi da chi gradiva l'assegnazione di colleghi di propria personale fiducia». Insomma, la spaccatura viene da lontano e si consuma sullo sfondo di antiche battaglie e di vecchi ideali.
Ma questa è solo la prima puntata. Poi arriva l'affaire Ruby. E qui i ragionamenti di Pomarici si fanno, se possibile, più nitidi e netti. La decisione di affidare l'esplosivo fascicolo alla Boccassini non quadra. Pomarici invia al collega, sempre nel novembre 2010, un'altra lettera altrettanto dura in cui parla di una sorta di «autoassegnazione» degli incartamenti. Anzi, della violazione «di una norma che ha costituito per anni cavallo di battaglia di Md proprio per evitare il fenomeno delle assegnazioni pilotate fonte di diffuso timore che anche la successive indagini possano apparire all'esterno parimenti pilotate».
Così nel 2010. Sembra quasi un'anticipazione del conflitto esploso nelle scorse settimane con le reciproche scomuniche fra Bruti Liberati e Robledo. Ora si scopre che quella guerra ha radici ben più profonde. Ragioni personali, legate al temperamento dei singoli pm.

Ma anche strutturali: dietro il velo dell'obbligatorietà dell'azione penale si consumano scontri furibondi che toccano le indagini più complesse, la loro evoluzione, l'iscrizione di imputati eccellenti nel registro degli indagati. L'azione penale sarà pure obbligatoria, ma è condotta con un alto tasso di discrezionalità.

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