Usa metafore marinare per dire che le acque sono agitate, ma lui terrà saldo il timone senza farsi prendere dal panico; «sterilizza» le decisioni dei suoi ministri in modo da renderle politicamente asettiche. Poi, soprattutto, incassa una mozione congressuale che costringe i suoi compagni di partito a non tendergli altre trappole. Enrico Letta continua a non fare programmi di lungo termine, ma la speranza di arrivare al semestre di presidenza Italiana dell'Ue (dal luglio 2014) gli sembra sempre più fondata.
Nel portone di Palazzo Chigi in questi giorni non stonerebbe il cartello che campeggiava nelle barberie del Ventennio: «Qui non si parla di politica». Nessuna dichiarazione sulle vicende giudiziarie del leader del centrodestra. Zero, almeno ufficialmente, sulle vicende interne del suo partito.
Oggi parlerà al Meeting di Rimini e, a costo di non stare sulla notizia, cercherà di concentrarsi esclusivamente sulle «policy», lasciando da parte tutto il resto. Non dovrebbe parlare del voto nella giunta per le elezioni che in settembre deciderà sulla decadenza di Berlusconi sulla base delle legge Severino. Né si dovrebbe occupare delle fibrillazioni che anche ieri hanno attraversato la maggioranza anomala o del congresso dei democratici.
Sul fianco sinistro Letta in realtà si sente sempre più tranquillo, vicino a disinnescare la bomba Renzi almeno nel breve termine. Ieri ha preso forma la mozione congressuale «pro-governo» che lui stesso aveva caldeggiato. È stata preparata dal lettiano Francesco Boccia e impegna tutti i candidati segretario ad «avere il coraggio di riconoscersi nell'impegno di Enrico Letta e di assumersi la responsabilità politica di governarlo». In sostanza blinda il suo esecutivo dallo scontro per la guida del Pd e dalla ambizioni del sindaco di Firenze, e punta a traghettare il governo Letta oltre il semestre europeo. Tra i promotori ci sarebbero anche dei sostenitori del sindaco di Firenze. Renzi ancora non ha sciolto le riserve. Difficilmente potrà rifiutare il sostegno a un documento marcatamente riformista, ma se aderirà al documento non potrà più puntare a una fine prematura delle larghe intese.
Sul fronte Pdl, il metodo di Letta è lo stesso seguito negli ultimi tempi: «Ci concentriamo sui nodi di merito per trovare un'intesa sulle cose da fare e non ci occupiamo del resto», sintetizzava ieri un esponente dell'esecutivo. Quindi, nessuna reazione sulla decadenza né sulle conseguenti voci di rottura da parte del Pdl. Semmai un maggiore impegno sui punti programmatici proposti dal partito del Cavaliere. L'Imu in primo luogo. Sulla riforma dell'imposta l'esecutivo è ottimista. Gli sherpa di governo e maggioranza sono al lavoro per eliminare la rata rinviata in giugno e per dare alla riforma un assetto da service tax federalista. Argomento che Letta considera ormai tecnico, «derubricato» da quelli politicamente sensibili, tanto che la cabina di regia chiesta dalla maggioranza sarà convocata, probabilmente la prossima settimana, solo per sciogliere gli ultimi nodi.
L'obiettivo è appunto quello di arrivare e superare il semestre di presidenza italiana dell'Ue.
In un'intervista rilasciata al Sussidiario in vista dell'intervento di oggi al Meeting di Cl, Letta ha lanciato segnali forti sul fronte europeo. Quella che serve «non è l'Europa del rigore e basta». Poi, alla Germania: noi «i sacrifici li abbiamo fatti». Parole da chi si sente alla guida di un governo destinato a durare e con pieni poteri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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