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Video choc: fermato dalla polizia e rilasciato per paura

Durante gli scontri a Roma le pressioni della folla costringono gli uomini in divisa ad arrendersi. Il Coisp ai celerini: "Al prossimo corteo mettetevi tutti in ferie"

Video choc: fermato dalla polizia e rilasciato per paura

Roma - Sono le 14 in via dei Pettinari, a due passi da Ponte Sisto, teatro degli scontri più violenti durante lo «sciopero europeo» di mercoledì scorso. Davanti a una vetrina, tre poliziotti scesi da un'automobile e un carabiniere in assetto antisommossa sono intorno a un ragazzo in jeans chiari, giubbotto scuro e zaino arancione e nero.
L'hanno appena fermato, ma si guardano alle spalle. Perché tutto intorno, nella strada, i passanti cominciano a inveire contro i quattro uomini delle forze dell'ordine, si stringono sempre di più intorno al gruppetto e iniziano a urlare di tutto. «Liberiamolo», «lasciatelo stare», «andate ad arrestare chi vi paga che sta rovinando l'Italia», «andate ad arrestare i politici». In due riprendono la scena con telecamere, molti altri stanno lì in piedi, con i telefonini «puntati» sulla scena. E l'effetto della «pressione» è immediato. Infatti passano meno di dieci secondi in questo clima ed ecco che i celerini, che appaiono chiaramente confusi, disorientati, lasciano andare il manifestante, che si dilegua rapido tra gli applausi della folla che schernisce ancora i poliziotti. Un agente prova anche a parlare con una passante, e spuntano persino microfoni professionali. Il video, che è stato postato su Youtube già la sera di mercoledì (si chiama «Roma: cittadini salvano uno studente dalla polizia») è la prova provata della paura e dello sconcerto con cui le forze dell'ordine, oggi, si trovano a fare i conti ogni volta che c'è da prestare servizio per l'ordine pubblico.
Val la pena ricordare che, se gli agenti avevano deciso di fermare motivatamente quel ragazzo, non erano invece autorizzati a lasciarlo andare via su istanza della folla che li circondava. Potevano farlo solo per evitare di far degenerare la situazione, ma urla e insulti non sembravano mettere a rischio l'incolumità fisica delle «guardie». Semmai, la minaccia è stata psicologica. Strada stretta, telecamere e ostilità. L'idea che un banale fermo finisse per «inguaiarli» in qualche maniera, anche se dalle immagini non sembrano esserci né violenza né abusi, deve aver minato la sicurezza di quegli uomini, tanto da convincerli a lasciar perdere il fermato e a dileguarsi, non prima di aver cercato quasi di scusarsi con i più infervorati tra i presenti in strada.
Non sorprende, in questo clima, la decisione del sindacato di polizia Coisp di invitare i colleghi dei reparti mobile a mettersi in ferie in occasione delle manifestazioni di sabato prossimo, come provocazione «cautelativa»: «Questo - spiega il segretario del sindacato Franco Maccari - per sottrarsi al vergognoso linciaggio morale che avviene al termine di ogni manifestazione, al quale fanno purtroppo spesso da sponda rappresentanti del governo e di una certa magistratura». Un riferimento chiaro agli avvisi di garanzia per lesioni che secondo molti poliziotti arriverebbero in «automatico» dopo ogni fermo o arresto, finendo per demotivare i celerini dal fare il proprio dovere. «È un Paese a rovescio - continua Maccari - dove si indaga sui poliziotti anziché sui teppisti. Quando troveremo un pm che indaghi anche su chi ci aggredisce, ci costituiremo parte civile in tutti i processi contro i violenti».
Intanto, sull'unico poliziotto indagato per gli incidenti di mercoledì, interviene il segretario nazionale del Siulp, Felice Romano. «Ha sicuramente sbagliato, ma appare oggi troppo facile scaricarlo, abbandonarlo al suo destino, senza uno straccio di processo, senza sentire la sua versione, con l'ipocrita presunzione di fatto che sia stato l'unico a sbagliare in un sistema in cui tutto funziona alla perfezione, che sia insomma l'unica pecora nera in un gregge di pecore bianche».

Insomma, per Romano se pure l'agente ha sbagliato va ricordato che «col suo stipendio da fame non potrà nemmeno permettersi una difesa decente, perderà il posto di lavoro mentre Capo e ministro dell'Interno faranno le loro scuse, sempre più frequenti, sempre più frettolose all'opinione pubblica, come se l'incidente fosse attribuibile unicamente alle intemperanze di uno squilibrato, e non all'oggettiva inadeguatezza di un sistema. Il sistema sicurezza».

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