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Primavera, cambio di stagione: il loden e l'eskimo in naftalina

Il Prof toglie il suo nome da Scelta civica e il pm scioglie Rivoluzione civile. Il fallimento accomuna i due leader che si erano illusi di conquistare il Paese

Primavera, cambio di stagione: il loden e l'eskimo in naftalina

È primavera: eskimo e loden tornano nel guardaroba. Rivoluzione civile chiude i battenti dopo il disastro elettorale, Scelta civica è solo una sigla sbertucciata, senza più l'appeal del partito dei professori. Mario Monti e Antonio Ingroia, destini incrociati di due meteore del nostro plumbeo firmamento. Ingroia va in conferenza stampa e legge i titoli di coda del suo movimento: è finita.

Sono tutti d'accordo: i verdi, i comunisti italiani, i rifondatori che anche questa volta hanno rifondato solo il proprio fallimento, persino Antonio Di Pietro, il più ex degli ex. Sembra una di quelle partite fra vecchie glorie che si ritrovano per celebrare il tempo che fu. Solo che questa volta il funerale è quasi contestuale alla nascita di una creatura che è morta in culla.

Ricordate? Avvenne tutto in poche settimane: Ingroia lascia la magistratura e molla le intercettazioni sul Quirinale e la trattativa Stato-mafia. Vola in Guatemala, per conto dell'Onu, ma vuoi mettere, la Rivoluzione si scalda qua, fra Roma e Palermo, il Guatemala e la lotta al narcotraffico possono attendere. L'idea è quella di riverniciare il movimento Arancione e portarlo a offrire sul mercato le tonalità infuocate care alla sinistra radicale. Si mettono tutti insieme, ma per una volta Totò viene smentito: la somma non fa il totale, ma un fiasco colossale. Di Pietro, già eclissato dalla Gabanelli e dal suo Report, si eclissa definitivamente, gli altri si sciolgono al sole di Grillo, insieme all'eskimo che avevano indossato sperando di resuscitare antiche suggestioni. I 5 Stelle letteralmente risucchiano il voto alternativo o presunto tale degli ingroiani. È una dèbâcle.

E ora i Bonelli, i Diliberto, gli Ingroia vogliono incollare i cocci del proprio orticello, ciascuno per conto suo.
Ingroia, che cerca di tergiversare col futuro, propone agli italiani uno scioglilingua: da Rivoluzione civile si passa ad Azione civile, con tanto di assemblea il prossimo 22 giugno.
Via l'eskimo, ci sarà pur sempre un soprabito da mettere per sfilare e smentire la propria morte. Insomma, almeno formalmente non si arrende, anche se il Csm gli ha già fatto sapere che il giro del mondo e del mappamondo è chiuso. E c'è già una targa che lo aspetta al tribunale di Aosta, ultimo lembo di Italia disponibile per il magistrato.
Se Ingroia è in fuga dalle toghe, Monti lo è dal suo partito. Voleva fare il facilitatore, ma si è perso dentro quel labirinto chiamato Scelta civica. Un cartello tirato da tutte le parti: più anime che persone. I cattolici terzomondisti, i laici inamidati alla Montezemolo, le vecchie volpi del'Udc.

I primi sognano in grande, anche se abitano in un corpo piccolo come quello montiano, i secondi vagheggiano la mitica discesa in campo e intanto vengono già coniugati al passato, i terzi si leccano le ferite. Lui, invece, guarda sgomento l'album splendente delle foto scattate solo un anno fa. Piazza Wagner, il loden, la messa domenicale, e poi la Bocconi e il coffee break, l'Italia stesa sulla sua lavagna luminosa e curata dalle sue slide, lo spread da domare, come un leone al circo, e i meeting internazionali e tutto il resto, con foto di gruppo e didascalie in un inglese oxfordiano. Tutto in fumo. Le urne non scongelano i consensi attesi, il declino può cominciare, mentre l'Europa scopre che di troppo rigore e di troppa austerity si può morire.

Poi il governo Monti rispedisce i marò in India e la nostra credibilità internazionale sprofonda sotto i tacchi. Gli ultimi capitoli sono imbarazzanti, mentre il partito che non c'è si spacca in almeno tre tronconi, anche se porta a casa due ministri nel governo Letta. Monti si sfila alla sua maniera annunciando che il suo nome non sarà più il collante di Scelta civica. Se Ingroia è una targa davanti alla porta di un ufficio, Monti è una lapide colma di promesse non mantenute. E il suo presente è una trattativa con quel Berlusconi che voleva consegnare agli archivi. Non c'è riuscito e gli tocca mercanteggiare.

Monti come Ingroia. Ingroia sulla strada di Monti. Le facce nuove della politica sono invecchiate in pochi giorni. Uno voleva sbarrare la strada al Cavaliere, l'altro pensava di mettere in difficoltà il Pd. Si sono autoaffondati con le proprie mani. Si aspetta che ripassino al guardaroba.

Per recuperare la grisaglia e la toga.

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