Peppino Impastato No Tav? No, grazie. Giovanni, il fratello del fondatore di Radio Aut, ucciso nel 1978 e divenuto un simbolo della lotta alla mafia, replica sul corriere.it alle dichiarazioni di Marco Bruno (nel tondo a destra, Olycom), il 28enne che martedì scorso ha insultato e provocato un carabiniere, rimasto impassibile, durante l’occupazione della Torino-Bardonecchia da parte del movimento No Tav. Bruno, due giorni fa, nella trasmissione Servizio Pubblico di Santoro, intervistato da Sandro Ruotolo, aveva detto di essersi «immedesimato» nel suo idolo Peppino Impastato per quella provocazione «canzonatoria». Se già a caldo Ruotolo aveva obiettato che «Impastato se la prendeva con la mafia, lei con un rappresentante dello Stato», ieri anche il fratello del suo «idolo», Giovanni, ha stigmatizzato quell’asserita ispirazione: «Peppino non si sarebbe comportato così. Mio fratello era ironico, a tratti anche aggressivo verbalmente, ma manteneva sempre un grande rispetto per le forze dell’ordine». Un rispetto che Bruno, appoggiato a un guard-rail e a favore di telecamere, non sembra aver mostrato nei confronti del giovane appuntato. «Nella sua vita - ha proseguito Giovanni Impastato - Peppino ha avuto scontri molto duri con polizia e carabinieri, ma non è mai andato a provocare direttamente un agente. Soprattutto in un momento di tensione come quello della Val di Susa non sarebbe mai andato a insultare un poliziotto». Anche la “concessione finale” («Sono lieto che ci si ispiri a mio fratello quando si lotta per delle cause che si ritengono giuste») si chiude con un distinguo lapidario: «Ma mio fratello - conclude Giovanni Impastato - non se la prendeva con i poveri cristi comandati dall’alto».
Se però la famiglia si dissocia, sceglie una strada diversa Salvo Vitale, «compagno di lotta» di Peppino, che sul sito peppinoimpastato.com pubblica una nota in cui prende le difese di Bruno che «non ha saputo o non ha potuto replicare» all’obiezione di Ruotolo.
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