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Quelle tre ragazze liberate dopo dieci anni di orrore

"Sono Amanda Berry, mi hanno rapita": così una delle giovani è riuscita a farsi aprire la porta della casa in cui erano imprigionate. Il carceriere era un autista di scuolabus

Quelle tre ragazze liberate dopo dieci anni di orrore

Una di quelle tipiche villette americane che spuntano nei quartieri residenziali di ogni cittadina americana e sembrano fatte con lo stampino, una appresso all'altra, con la bandierina a stelle e strisce appesa a una delle colonne del patio e l'aquila regolamentare, ad ali spiegate, sul frontone. La casa del bravo patriota americano che il sabato taglia il prato, lava l'automobile e fa il barbecue. E il giorno del Ringraziamento riunisce la famiglia davanti al tacchino e canta con la mano sul cuore «From the mountains, to the prairies/To the oceans, white with foam / God bless America, my home sweet home». La casa di Clint Eastwood in Gran Torino, se avete presente: con le sue brave assicelle sovrapposte dipinte di bianco, che vanno inchiodate quando arriva il tornado. E lo stipite del finestrone e quello della porta d'ingresso - nella villetta che ci interessa, al numero 2207 di Seymour avenue, Cleveland, Ohio - dipinti di amaranto.
Ci vuol poco, come ci ha insegnato il cinema americano dai tempi di Psycho, a trasformare una di queste villette nella «casa del mostro», nella «villa degli orrori». Basta che una donna, all'improvviso, si faccia sulla porta, a metà del pomeriggio di un giorno da cani, e si metta a urlare, richiamando l'attenzione dei vicini, che quella casa la davano quasi per disabitata. La donna, scarmigliata, in lacrime, dimostra una trentina d'anni. Ne ha 26, si accerterà. In braccio regge una bambina. Ai vicini che accorrono grida il suo nome: «Sono Amanda Berry, sono stata rapita dieci anni fa, la prego, chiami la polizia». L'uomo che le sta di fronte la guarda allocchito, poi estrae macchinalmente il cellulare, compone il 911, che è la chiamata d'emergenza in America e porge l'apparecchio alla ragazza, che sempre tra le lacrime, a un altrettanto allocchito poliziotto che le fa una mitragliata di domande per capire se non lo stanno prendendo in giro, racconta a brandelli la sua storia. Poco dopo, e per tutta la sera, la villetta e lo spazio intorno diventano una di quelle «scene del crimine» che si sono viste tante volte alla Tv, con gli specialisti in tuta bianca che fotografano, misurano, spennellano, annusano, confrontano, rilevano, catalogano, raccolgono, etichettano. Nella casa non c'è solo Amanda. Con lei ci sono Michelle Knight, che nel 2002 aveva vent'anni, e Gina DeJesus, che nel 2004 ne aveva 14. Tutte sparite, in circostante diverse, nella stessa zona di Cleveland, la città che non a caso, vien voglia di dire oggi, gli stessi Clevelanders, gli abitanti di Cleveland, chiamano «the mistake on the lake», l'errore sul lago, dove il lago è l'Erie. Tre dolci ragazze sparite una dopo l'altra, per un «Chi l'ha visto» che ai tempi non portò mai a nessuna conclusione, se non a quella che la polizia americana dei telefilm non c'entra niente, con quella della realtà. L'uomo che le aveva rapite è un autista di scuola bus, bassista a tempo perso in una scalcagnata band locale. Ariel Castro si chiama, ha 52 anni. Ma anche due suoi fratelli, di 50 e 54 anni, erano della partita. Game over, per tutti e tre. Che ora dovranno dare una montagna di spiegazioni. E raccontare, strada facendo, di chi è quella bambina di 6 anni che Amanda reggeva in braccio.
Nessuno, dicono i vicini, si era mai accorto di nulla. Non un gemito, non un sospiro da quella casa che aveva le imposte sempre chiuse e che Castro, passando sempre dal retro, non apriva mai. Tranne quella volta, nel 2011, quando Israel Lugo, un vicino, chiamò la polizia sostenendo di aver sentito delle urla provenire dall'abitazione. La polizia, che non è esattamente come quella che si vede alla televisione, dove da un sopracciglio di un tipo ti sanno dire come andava in matematica alle elementari, mandò una pattuglia. La pattuglia fece il giro della casa (era ormai la terza volta che ci capitavano, dopo altri due accertamenti per motivi del tutto diversi nel 2000 e nel 2004) non notò nulla di anormale e sgommò via.
Una donna ora racconta ai cronisti che il padrone della casa degli orrori aveva una figlia che ogni tanto lo andava a trovare. Non sapeva niente, la tipa, di quelle tre donne rinserrate da qualche parte, nel seminterrato? E Anthony, un figlio dell'autista di scuolabus, come mai gli era venuto in mente anni fa di scrivere un articolo sul giornaletto dell'università sulla scomparsa di Gina, intervistandone i parenti? Anche lui non sapeva niente? E le tre donne: possibile che in dieci anni non abbiano mai trovato il destro di far trapelare all'esterno un brandello di notizia sulla loro sorte? Dieci anni di controlli asfissianti, da parte dei tre fratelli Castro, e all'improvviso una falla di queste dimensioni, che consente ad Amanda di farsi addirittura sulla porta? Fughe volontarie. Così, ai tempi, la polizia aveva catalogato le scomparse. Di Michelle si erano perse le tracce nel 2002 nei dintorni della sua abitazione. Amanda era stata vista per l'ultima volta alla vigilia del suo diciassettesimo compleanno mentre usciva, il 21 aprile 2003, dal fast food dove lavorava. Gina invece era sparita a 14 anni, il 2 aprile 2004, mentre tornava a casa da scuola. La mamma di Amanda ci è morta, schiantata dal dolore. Le altre sono lì, felici, confuse, inebetite, su e giù lungo una montagna di sentimenti contrastanti. Le loro bambine sono tornate, ma quei dieci anni gli sono stati rubati per sempre. Storie di ordinario orrore, come quella di Angela Celentano, sparita il 10 agosto '96 sul monte Faito e ai cui genitori non sapremmo che cosa augurare, pur sapendo che tutti i genitori di un figlio perso vogliono disperatamente una cosa sola. Ritrovarlo vivo, a qualsiasi costo.

È diventato un eroe Charles Ramsey, il vicino di casa di Ariel Castro che ha aiutato Amanda Berry e le altre ragazze a scappare. Sdentato, coi capelli scomposti e gli occhi stralunati, Ramsey è stato intervistato da tutte le tv Usa: «Quando una bella ragazza bianca si lancia nelle braccia di un uomo nero, allora c'è qualcosa che non va...» ha spiegato. «Ho sentito urlare, mentre stavo mangiando il mio hamburger. Ho capito che c'era una ragazza che cercava disperatamente di uscire... Ho dato molti calci alla porta». E sul vicino: «Guardate che Ariel lo vedevo ogni giorno, con lui ballavamo la salsa, mangiavamo in giardino. Ci conoscevamo da un anno ma mai nessun sospetto».


di Luciano Gulli


Rapita nel '98 a 10 anni, a Vienna, mentre andava a scuola, è rimasta segregata fino a che è riuscita a fuggire nel 2006

Sequestrata nel '91 in California, quando aveva 11 anni, è riapparsa dopo 18 lunghissimi anni, nel 2009

A 14 anni fu rapita dalla sua cameretta a Sal Lake City: fu ritrovata 9 mesi dopo, a poche miglia da casa sua

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