Questa volta finisce a bastonate

Ci piaceva pensare che Alberto da Gius­sano fosse diverso. Ne eravamo sicuri, per dirla tutta. Adesso le nostre certezze vacillano e forse crolleranno, anche se ci auguriamo il contrario

Questa volta finisce a bastonate

Sulla Lega si è abbattuta la tormenta. Sapeva­mo da­ alcuni mesi che le cose padane anda­vano male e avevamo previsto sfracelli, con­sapevoli dei malumori serpeggianti nella ba­se e anche ai vertici del movimento.

Nemmeno lonta­namente potevamo immaginare che i problemi non sarebbe stati politici, ma giudiziari e della peggior specie. Stentiamo a credere ai documenti prodotti dalle Procure che raccontano di rapporti d’affari lo­schi fra il tesoriere, Francesco Belsito, e capibastone della ’ndrangheta. E ci domandiamo come sia possi­bile che un partito nordista, federalista e addirittura secessionista sia pappa e ciccia con la criminalità or­ganizzata del Sud. Sono note le propensioni dei politici a spendere de­naro non loro, perché la vita è cara e i vizi e i vizietti costano. Però c’è un limite anche alla furfanteria: in questo caso è stato superato. Avremmo scommesso qualche euro sull’alto tasso di onestà dei leghisti. E vorremmo ostinarci a scommetterci. Ma il dubbio che si è insinuato in noi dopo avere appreso le accuse mosse dai magistrati (semprecché siano fondate e provate) ce lo impedisce.

Non condanniamo né assolviamo nessuno prima di conoscere i termini dell’inchiesta. Ci manchereb­be. Certo che udire Umberto Bossi minacciare di rap­presaglia chi gli ha restaurato la casa coi soldi della Lega, e a sua insaputa, ci ha fatto impressione. Torna alla mente l’ex ministro Claudio Scajola, salito ai di­sonori della cronaca per aver comprato un apparta­mento, di fronte al Colosseo, con quattrini versati, na­turalmente a sua insaputa, da una persona gentile e affettuosa con lui. Per Scajola rise l’Italia intera. Per Bossi si è passati agli sberleffi. Se uno ristruttura il villino si accorgerà di avere tra i piedi i muratori, e si chiederà chi salda il conto o no? È tutto talmente pa­radossale da lasciare interdetti. Abbiamo a che fare con gente stupida o con gente che ci prende per stupi­di? Questo è il dilemma.

Torniamo al tesoriere, quel Francesco Belsito. Chi gli ha affidato la cassa? Chi doveva controllare le en­trate e le uscite e non l’ha fatto? In presenza di inter­cettazioni da brivido, e pur facendo la tara al pesante linguaggio telefonico (di­sinvolto e per nulla castigato), c’è poco da smentire né serve tirare in ballo complot­ti e bischerate del genere. Semmai cresce nei cittadini il desiderio di verità. Se sco­prissimo che in realtà il parco auto di Ren­zo Bossi, detto Trota, è stato incrementa­to grazie al denaro sottratto al Carroccio, avremmo difficoltà a fare spallucce. Non saremmo in grado di avere fiducia e stima in chi scambia la cassaforte del partito col proprio portafogli.

Oddio. Ieri su queste colonne Vittorio Sgarbi ha spiegato come funziona la fac­cenda dei rimborsi elettorali. Una truffa legalizzata in mancanza, per assurdo, di una legge seria che disciplini le erogazio­ni. Occorre precisare che il denaro dei suddetti rimborsi è pubblico quando esce dai forzieri dello Stato, però diventa privato nel momento stesso in cui entra nelle tasche dei leader. Che ne fanno l’uso che garba loro. Infatti, i bilanci dei partiti sono burle. Le spese non vengono giustificate. Chissenefrega: non c’è ani­ma che esegua verifiche. Lusi docet. E do­cet anche Rutelli.

Poi c’è chi si stupisce perché monta l’antipolitica. Il sospetto che nella Lega qualcuno avesse dei fili staccati fu alimen­tato un paio di mesi orsono dalla notizia che il cervello finanziario delle camicie verdi aveva investito milioni in Tanzania, Slovenia, Norvegia e Cipro. Che senso aveva un’operazione simile? Le maligni­tà e le battutacce si sprecarono. Ora, ac­quisite le carte delle Procure, è lecito esi­gere spiegazioni. Sarà in grado di fornir­ne Francesco Belsito? L’esperienza inse­gna che il confine tra i partiti e le cloache è molto labile.

Ci piaceva pensare che Alberto da Gius­sano fosse diverso. Ne eravamo sicuri, per dirla tutta. Adesso le nostre certezze vacillano e forse crolleranno, anche se ci auguriamo il contrario. I nordisti, a giudi­care dalle prime reazioni, sono dominati da due sentimenti: l’amarezza e il deside­rio che l’indagine si concluda con un nul­la di fatto.

L’elettorato leghista è composito: è fal­so che si tratti di una massa di buzzurri, in­colti e incapaci di andare oltre ragiona­menti elementari. Hanno votato per Bos­si migliaia di ex democristiani, ex sociali­sti, ex comunisti, imprenditori di succes­so, professionisti, ovviamente anche una cospicua quantità di invasati. D’altron­de, le analisi del voto sono sempre pres­sappochistiche. Se dai il suffragio a me, sei bravo, intelligente e sensibile al bene comune; se lo dai al mio avversario, sei un perfetto cretino cui andrebbe inibito l’in­gresso al seggio.

Comunque il Carroccio è l’unica forza politica di peso a essersi schierata all’oppo­sizione. È un dato di fatto. Non c’entra nul­la ciò con l’inchiesta in corso? Come mai la magistratura interviene con impeto a 40 giorni dalle elezioni amministrative? Non è necessario essere esperti in dietrologia per arricciare il naso. Quando le coinciden­ze sono troppe, si espande puzzo di brucia­to. C’è poi chi interpreta questa storia co­me una sorta di regolamento di conti all’in­terno della Lega, dove i contrasti tra soste­nitori di Roberto Maroni e aficionados del fondatore, nonché del famoso cerchio ma­gico ( che ricorda una trattoria a gestione fa­miliare), non sono un mistero.

Secondo alcuni osservatori, tutto l’am­baradan sarebbe stato avviato dalle rive­lazioni di uno spione nordista deluso e malandrino. Sia come sia, la sensazione è che stavolta non finirà a pacche sulle spal­le, ma a bastonate. Tutti a sinistra, e molti a destra, hanno sempre detto che la Pada­nia è una bufala storica e geografica, però non aspettano altro che il momento per distruggerla.

In un mondo senza più ideologie né idee, fa paura anche un'illusione.

Se Belsito e Bos­si risulteranno colpevoli, se assisteremo al­la mattanza dei dirigenti leghisti, comince­rà il corteggiamento dei partiti agli elettori buzzurri, i quali se voteranno Pd saranno su­bito promossi cittadini modello.

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