Sulla Lega si è abbattuta la tormenta. Sapevamo da alcuni mesi che le cose padane andavano male e avevamo previsto sfracelli, consapevoli dei malumori serpeggianti nella base e anche ai vertici del movimento.
Nemmeno lontanamente potevamo immaginare che i problemi non sarebbe stati politici, ma giudiziari e della peggior specie. Stentiamo a credere ai documenti prodotti dalle Procure che raccontano di rapporti d’affari loschi fra il tesoriere, Francesco Belsito, e capibastone della ’ndrangheta. E ci domandiamo come sia possibile che un partito nordista, federalista e addirittura secessionista sia pappa e ciccia con la criminalità organizzata del Sud. Sono note le propensioni dei politici a spendere denaro non loro, perché la vita è cara e i vizi e i vizietti costano. Però c’è un limite anche alla furfanteria: in questo caso è stato superato. Avremmo scommesso qualche euro sull’alto tasso di onestà dei leghisti. E vorremmo ostinarci a scommetterci. Ma il dubbio che si è insinuato in noi dopo avere appreso le accuse mosse dai magistrati (semprecché siano fondate e provate) ce lo impedisce.
Non condanniamo né assolviamo nessuno prima di conoscere i termini dell’inchiesta. Ci mancherebbe. Certo che udire Umberto Bossi minacciare di rappresaglia chi gli ha restaurato la casa coi soldi della Lega, e a sua insaputa, ci ha fatto impressione. Torna alla mente l’ex ministro Claudio Scajola, salito ai disonori della cronaca per aver comprato un appartamento, di fronte al Colosseo, con quattrini versati, naturalmente a sua insaputa, da una persona gentile e affettuosa con lui. Per Scajola rise l’Italia intera. Per Bossi si è passati agli sberleffi. Se uno ristruttura il villino si accorgerà di avere tra i piedi i muratori, e si chiederà chi salda il conto o no? È tutto talmente paradossale da lasciare interdetti. Abbiamo a che fare con gente stupida o con gente che ci prende per stupidi? Questo è il dilemma.
Torniamo al tesoriere, quel Francesco Belsito. Chi gli ha affidato la cassa? Chi doveva controllare le entrate e le uscite e non l’ha fatto? In presenza di intercettazioni da brivido, e pur facendo la tara al pesante linguaggio telefonico (disinvolto e per nulla castigato), c’è poco da smentire né serve tirare in ballo complotti e bischerate del genere. Semmai cresce nei cittadini il desiderio di verità. Se scoprissimo che in realtà il parco auto di Renzo Bossi, detto Trota, è stato incrementato grazie al denaro sottratto al Carroccio, avremmo difficoltà a fare spallucce. Non saremmo in grado di avere fiducia e stima in chi scambia la cassaforte del partito col proprio portafogli.
Oddio. Ieri su queste colonne Vittorio Sgarbi ha spiegato come funziona la faccenda dei rimborsi elettorali. Una truffa legalizzata in mancanza, per assurdo, di una legge seria che disciplini le erogazioni. Occorre precisare che il denaro dei suddetti rimborsi è pubblico quando esce dai forzieri dello Stato, però diventa privato nel momento stesso in cui entra nelle tasche dei leader. Che ne fanno l’uso che garba loro. Infatti, i bilanci dei partiti sono burle. Le spese non vengono giustificate. Chissenefrega: non c’è anima che esegua verifiche. Lusi docet. E docet anche Rutelli.
Poi c’è chi si stupisce perché monta l’antipolitica. Il sospetto che nella Lega qualcuno avesse dei fili staccati fu alimentato un paio di mesi orsono dalla notizia che il cervello finanziario delle camicie verdi aveva investito milioni in Tanzania, Slovenia, Norvegia e Cipro. Che senso aveva un’operazione simile? Le malignità e le battutacce si sprecarono. Ora, acquisite le carte delle Procure, è lecito esigere spiegazioni. Sarà in grado di fornirne Francesco Belsito? L’esperienza insegna che il confine tra i partiti e le cloache è molto labile.
Ci piaceva pensare che Alberto da Giussano fosse diverso. Ne eravamo sicuri, per dirla tutta. Adesso le nostre certezze vacillano e forse crolleranno, anche se ci auguriamo il contrario. I nordisti, a giudicare dalle prime reazioni, sono dominati da due sentimenti: l’amarezza e il desiderio che l’indagine si concluda con un nulla di fatto.
L’elettorato leghista è composito: è falso che si tratti di una massa di buzzurri, incolti e incapaci di andare oltre ragionamenti elementari. Hanno votato per Bossi migliaia di ex democristiani, ex socialisti, ex comunisti, imprenditori di successo, professionisti, ovviamente anche una cospicua quantità di invasati. D’altronde, le analisi del voto sono sempre pressappochistiche. Se dai il suffragio a me, sei bravo, intelligente e sensibile al bene comune; se lo dai al mio avversario, sei un perfetto cretino cui andrebbe inibito l’ingresso al seggio.
Comunque il Carroccio è l’unica forza politica di peso a essersi schierata all’opposizione. È un dato di fatto. Non c’entra nulla ciò con l’inchiesta in corso? Come mai la magistratura interviene con impeto a 40 giorni dalle elezioni amministrative? Non è necessario essere esperti in dietrologia per arricciare il naso. Quando le coincidenze sono troppe, si espande puzzo di bruciato. C’è poi chi interpreta questa storia come una sorta di regolamento di conti all’interno della Lega, dove i contrasti tra sostenitori di Roberto Maroni e aficionados del fondatore, nonché del famoso cerchio magico ( che ricorda una trattoria a gestione familiare), non sono un mistero.
Secondo alcuni osservatori, tutto l’ambaradan sarebbe stato avviato dalle rivelazioni di uno spione nordista deluso e malandrino. Sia come sia, la sensazione è che stavolta non finirà a pacche sulle spalle, ma a bastonate. Tutti a sinistra, e molti a destra, hanno sempre detto che la Padania è una bufala storica e geografica, però non aspettano altro che il momento per distruggerla.
In un mondo senza più ideologie né idee, fa paura anche un'illusione.
Se Belsito e Bossi risulteranno colpevoli, se assisteremo alla mattanza dei dirigenti leghisti, comincerà il corteggiamento dei partiti agli elettori buzzurri, i quali se voteranno Pd saranno subito promossi cittadini modello.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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