
- Questa è Elly Schlein che parla del tragico omicidio di Martina Carbonaro ad Afragola. Video a cui ha implicitamente risposto Giorgia Meloni, invocando una “svolta culturale”. Allora, la tragedia è immane, ma la domanda - omicidio dopo omicidio - resta la stessa: come evitarlo? Secondo Elly Schlein, e altri, non serve insistere con la repressione, che peraltro in Italia è sempre piuttosto blanda: il dramma in questo Paese sarebbe “la violenza di genere”, cioè vivremmo un “problema culturale” di “patriarcato che pervade la nostra società” e dunque anche i più giovani. Soluzione: per impedirlo occorre fare una “battaglia culturale ed educativa che parta dalle scuole”. Siamo sicuri sia davvero questa la soluzione? Non vorrei fare il bastian contrario, ma occorre anche evitare che - un po’ come successo per Giulia Cecchettin - ci si affidi a buoni propositi e alle belle parole solo perché sono quelle giuste da dire in questo momento. In Italia ricorre questa ossessione del fare leggi su leggi, convinti che l’esistenza del codice penale riduca i crimini. Non è così, purtroppo. E se fosse solo una questione di educazione nelle scuole, oggi vivremmo in una società senza furti, delitti, rapine e omicidi. Dubito infatti che nelle aule italiane i professori non abbiano mai detto ai loro alunni che rubare è reato. Eppure succede. Succede ovunque. Dubito anche che i direttori dei seminari non informino i seminaristi che violentare i bambini è un crimine, oltre che un peccato mortale. Eppure accade. Accade a tutte le latitudini. Non sto dicendo che educare non serva. Occorre prevenire. Ma pensare che si possa risolvere ogni problema affidando tutto ad una legge o allo Stato che va nelle scuole a “insegnare al rispetto” appare un tantino illusorio. Utopico, forse. Anche perché parliamo dello stesso sistema che - vi ricordo - ha concesso il lavoro in hotel ad un assassino che, libero di girare per Milano, pochi anni dopo il primo omicidio ha ammazzato un’altra donna. Ecco: quella sì che è una disgrazia che il sistema avrebbe dovuto impedire, e invece ha finito col favorire.
- Una maschera del Teatro alla Scala è stata licenziata dopo che, lo scorso maggio, ha urlato “Palestina libera” all’ingresso di Giorgia Meloni nel Palco Reale. "È arrivato il verdetto ghigliottina della direzione nei confronti della giovane donna”, ha scritto il sindacato in una nota. ”Metteremo in campo tutte le azioni sindacali per difendere questa coraggiosa ragazza a cui va la nostra massima solidarietà”. Non ho dubbi che sia stata coraggiosa: se crede alle sue idee è giusto che le esprima. Ma se lo fa sul luogo di lavoro, durante un evento pubblico, è altrettanto sacrosanto che l’azienda la punisca. Anche col licenziamento. Perché il suo convincimento personale non può coinvolgere tutto il teatro. Vuole difendere la Palestina urlando contro la premier? Libera di farlo. Ma deve assumersi le sue responsabilità. E il teatro è libero di cacciarla.
- Ho visto l’ultima intervista di Alberto Stasi alle Iene. Non so se sia innocente, come dice; o colpevole, come sostiene una discutibile e pasticciata sentenza. Però mi è piaciuta la sua “lezione” sullo show mediatico che procura e giornali stanno mettendo in campo su Andrea Sempio: “Io sono garantista”, dice. Eppure avrebbe potuto puntare l’indice sul nuovo indagato nella speranza che la tromba d’aria che si sta abbattendo su Andrea possa, se non liberarlo dalla condanna, almeno alleviare quel senso di oppressione che si ha quanto la pubblica opinione ti disegna come “il killer dagli occhi di ghiaccio”.
- Tutti a dire che “queste nuove generazioni” sono violente, tra baby gang, omicidi, schiaffoni, risse. Però vorrei ricordarvi che negli anni ’70 s’è visto ben di peggio e che Vallanzasca, bande della Magliana, Br, Avanguardia Operaia e cose simili non se ne vedono da un bel po’. Sono sincero: non credo farei a cambio, ecco.
- Sono d’accordo con Fiorenza Sarzanini: lo show su Garlasco va fermato ed è la Procura ad avere il potere di farlo. Ora basta far trapelare dettagli sulle indagini (il caso dell’impronta presunta di Sempio grida vendetta). Ma magari anche i giornali, incluso quello vice-diretto da Sarzanini, dovrebbero fare un po’ di mea culpa. Nel “circo mediatico” della cronaca nera, i giornali non sono spettatori, ma clown attivi.
- Non conosco Filosa, il nuovo Ad di Stellantis. Però leggere sul Corsera che tra le sue caratteristiche di spicco, tanto da dedicargli il titolo, ci sarebbero “il sorriso” e il suo essere “caloroso”, “espansivo e premuroso”, fa un tantino ridere. Parliamo di un Ceo, mica della nuova baby sitter.
- L'ex Procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, critica la gestione del caso Garlasco da parte della Procura di Pavia che “forse avrebbe dovuto adottare maggiore attenzione alla protezione della riservatezza di iniziative d’indagine”. Sacrosanto. Anche se non mi sembra che Milano sia mai stata una vera e propria tomba, ecco.
- Nessuno ve lo dice, perché se i migranti muoiono di fronte all’Italia viene giù il delirio contro il governo-fascista-che-non-salva-vite-in-mare mentre se crepano al largo della Spagna chi se ne frega. Dovete sapere che l’altro giorno sette immigrati sono morti su un barcone che stava cercando di raggiungere le Canarie. Un dramma enorme. Ma nessuno accuserà Pedro Sanchez di non averli salvati in tempo.
- C’è una cosa che mi era sfuggita della sindaca Zeller di Merano. Vabbé, non torniamo sulla scusa secondo cui più che ribellarsi al Tricolore si sarebbe opposta ad un sopruso maschilista, impositivo e patriarcale. Però durante un’intervista a PiazzaPulita, Zeller ha detto che se le avessero messo addosso la bandiera austriaca avrebbe reagito allo stesso modo. Eh no, cara sindaca.
Perché Merano sta in Italia e, per quanto rispetti la tradizione degli abitanti di lingua tedesca (sono favorevole a farli tornare in Tirolo, se desiderano), una cosa è rifiutare il Tricolore e un’altra la bandiera di uno Stato estero. Chiaro?