RomaColpa della stampa. Colpa «dell'eccessiva enfatizzazione mediatica» della questione delle intercettazioni telefoniche del presidente della Repubblica. «Parlare addirittura di un ricatto nei confronti del Capo dello Stato - dice Antonio Ingroia - determina un allarmismo che crea ancora fibrillazioni nel circuito politico-istituzionale, e non giova a nessuno». La sua nota quotidiana ai vituperati mezzi d'informazione, stavolta il procuratore aggiunto di Palermo la dirama dalla la trasmissione tv Mattino cinque, senza tema di contribuire «all'enfatizzazione mediatica» che nella stessa occasione denuncia.
Ingroia ripete che i magistrati non hanno nessuna parte nell'attacco a Giorgio Napolitano. Hanno solo fatto il loro dovere e sono gli altri a strumentalizzare, mentre «trattandosi di materie delicatissime occorrerebbe massimo senso di responsabilità da parte di tutti». Quelle conversazioni intercettate tra l'inquilino del Quirinale e l'ex ministro Nicola Mancino, ribadisce, «non hanno tra l'altro alcuna rilevanza penale». Sono state conservate perché «la legge non prevede una distruzione immediata»: il pm non può decidere «arbitrariamente», deve chiedere l'autorizzazione al giudice e prima metterle a disposizione delle difese degli indagati.
Quanto alle indiscrezioni sui colloqui, Ingroia precisa: «Panorama non è in possesso di nulla relativamente al contenuto delle telefonate. Si tratta di cose che si ritengono orecchiate. E poi c'è una ricostruzione sulla base di commenti fatti da altri giornali».
Chi non è così scettico sulle indiscrezioni pubblicate dal settimanale è l'ex sottosegretario Pdl Daniela Santanchè. «Se tutto quello che abbiamo letto su Panorama è vero - dice - le parole su Berlusconi e Di Pietro, è chiaro che Napolitano non è più un arbitro imparziale ma è un giocatore e ha preso parte alla partita. Visto che è stata sospesa la democrazia con Monti, dovrebbe ridare il mandato a Berlusconi e vedere se ha di nuovo una maggioranza».
Esprime solidarietà a Napolitano, ma al tempo stesso chiede chiarezza sulla trattativa tra Stato e mafia il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
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