Con tutti i problemi seri che abbiamo, il nuovo psicodramma nazionale - che serio non è - si chiama «sciopero Rai». È stato proclamato per mercoledì 11 giugno contro la richiesta di tagli (150 milioni su 1.700 di entrate) fatta dal governo che ha proposto di mettere sul mercato una quota della controllata Raiway (si occupa dei ripetitori) o di smagrire le 22 sedi regionali (un apparato senza pari al mondo). Per Renzi è un nuovo primato: mai la Rai aveva scioperato contro il premier in carica. Lui se la ride, forte di un'antipatia dei cittadini per il carrozzone televisivo di Stato, figlia di quella tassa odiosa che è il canone. Questo giornale ha fatto battaglie contro il canone e il suo utilizzo scellerato ma ciò non toglie che la Rai non meriti questa ridicola levata di scudi dei sindacati e della casta di privilegiati che la rappresenta. La tv di Stato è la lunga mano della politica sull'opinione pubblica, terra di conquista e di lottizzazione. Tagliare sprechi e privilegi della Rai, per i partiti, è come donare il proprio sangue. Tanto che in Parlamento già sono scattate - anche dalla sinistra renziana - le prime mosse per salvare i lottizzati e blindare gli amici e le faraoniche sedi regionali.
Nel mese di giugno sono programmati cinque scioperi generali di categoria e una decina di settore, solo per stare a quelli di interesse nazionale. Che si aggiunga quello della Rai non mi pare una tragedia. Quel giorno perderemo una replica di Don Matteo, il film L'immortale e una puntata di Chi l'ha visto?. Ce ne faremo una ragione, potendo scegliere tra altri 230 canali (solo restando al digitale terrestre). Non capiamo perché in questo Paese si possano chiedere sacrifici a tutti ma non alla Rai. Non facciamo drammi quando si fermano bus, metrò, aerei e treni, figuriamoci per Chi l'ha visto?. Mediaset sta uscendo da un piano di ristrutturazione lacrime e sangue e nessuno ha urlato allo scandalo. La7 ha tagliato il tagliabile, per non parlare dell'editoria cartacea. Non è che tutti questi signori sono figli di un Dio minore.
Uno sciopero della Rai non è una sfida a Renzi. È un insulto ai disoccupati, ai cassintegrati, ai pensionati. È l'arroganza di miracolati. Un motivo in più per pensarci bene prima di pagare il canone.
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