Reintegro, indennizzi e precari: ecco il testo del disegno di legge

L’ammodernamento del welfare non sarà fatto per decreto: rischio di stravolgimenti in Aula. Ma il governo non cede: scompare la riassunzione nei licenziamenti economici

Reintegro, indennizzi e precari: ecco il testo del disegno di legge

Roma - Cause brevi sui licenziamenti, contributi dei co.co.pro. al 33% a partire dal 2018 e spiragli per cambiare il lavoro pubblico. Resta il licenziamento per motivi economici nella versione che non piace ai sindacati e al centrosinistra, cioè senza obbligo di reintegro, anche se con qualche tutela in più per il lavoratore. Aumentano le rigidità in entrata che non piacciono al centrodestra, cioè i vincoli per i contratti a termine e per l’apprendistato. E siccome il veicolo scelto dal governo è quello meno blindato tra quelli a disposizione, e che il governo ha precisato che l’approvazione della riforma avverrà «salvo intese», ieri erano in pochissimi a pensare che il provvedimento arriverà integro in Gazzetta ufficiale.
Le novità del testo approvato ieri dal consiglio dei ministri (26 pagine nelle quali si spiega la riforma e non il disegno di legge stesso per il quale potrebbero servire settimane) sono di dettaglio, rispetto a quello illustrato i giorni scorsi a sindacati e associazioni delle imprese. Sull’articolo 18, appena due paginette, si prevede che sulle cause sui licenziamenti si introduca un rito sommario specifico, che preveda comunque tutte le garanzie di un processo normale, a partire dall’istruttoria e del contraddittorio. Restano le tre diverse fattispecie di licenziamento. Quello discriminatorio, per il quale il governo nell’ultima bozza rimanda all’attuale normativa. Quello per giusta causa, che il giudice può annullare. E quello per motivi economici per il quale, anche in caso di torto del datore, «il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro» e dispone il pagamento di un indennizzo tra 15 e 27 mensilità. La novità è che si introduce la conciliazione nelle direzioni territoriali del lavoro. Si precisa che il datore dovrà sempre rendere noto il motivo del licenziamento e si specifica che «è fatta salva la facoltà del lavoratore di provare che il licenziamento è stato determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari». Uno spiraglio al reintegro insomma, nel caso in cui la motivazione del licenziamento economico si dovesse rivelare «strumentale».
Il ministero negli ultimi due giorni ha cercato la quadra sul capitolo contributi. Cioè su come finanziare i nuovi ammortizzatori. Se alle piccole aziende è stata risparmiato il temuto salasso, sui co.co.pro. è in arrivo una stangata. Gli iscritti alla gestione separata Inps viene introdotto un incremento dell’aliquota contributiva che passera dal 28% de 2013 (attualmente è intorno al 27%) al 33 del 2018, la stessa dei dipendenti. Questo per finanziare i nuovi contributi, in primo luogo l’Aspi, che però entreranno in vigore a partire dal 2016 e non dal 2017 come previsto. Confermata la stretta sulla flessibilità in entrata, con l’aumento dei contributi dell’1,4%, con qualche aggravio, ad esempio sui contratti a termine. L’intervallo tra un contratto e un altro che passa da 10 a 60 giorni per contratti inferiori a 6 mesi e da 20 a 90 giorni per contratti superiori a questo periodo.
Trovano spazio argomenti inediti, come quello degli immigrati. La bozza prevede che i cittadini extracomunitari non perdano il permesso di soggiorno quando perdono il lavoro. E che la validità sia estesa a tutto il periodo di iscrizione alle liste di collocamento. Poi il congedo di paternità che, come aveva annunciato il ministro Elsa Fornero i giorni scorsi, diventa obbligatorio: tre giorni consecutivi entro i primi 5 mesi dopo la nascita. Il documento mette in chiaro anche quale è l’intenzione del governo per il pubblico impiego: «Eventuali adeguamenti alle disposizioni del presente intervento saranno demandati a successive fasi di confronto». Il ministro Filippo Patroni Griffi conferma: «Abbiamo un tavolo aperto, in cui porteremo anche il tema dell’articolo 18 e dei lavoratori pubblici».
In generale la scelta del ddl ha accontentato chi nel governo aveva espresso dubbi sulla riforma dell’articolo 18, in particolare i ministri Barca e Balduzzi.

Ieri indiscrezioni tiravano in ballo anche i Sviluppo Passera, ma il ministero ha smentito seccamente. Anche perché con il disegno di legge e senza decreto - commentavano ieri esponenti della maggioranza - di questo testo rimarrà poco.

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