Renzi, adesso se hai coraggio taglia gli stipendi alla Consulta

L a forbice di Matteo Renzi si fa esitante quando si tratta dei Palazzi sul Colle. Eppure, c'è molto oro in quello della Consulta. Dove il clamoroso unico taglio registrato per il 2014 è quello del pagamento del telefono di casa per i 15 giudici costituzionali.
Oro negli arredi settecenteschi, dallo scranno a ferro di cavallo delle udienze pubbliche agli antichi specchi, quadri e lampadari, ma tanto oro anche nelle spese di un bilancio preventivo che nel 2014 incassa dallo Stato 64 milioni e conta di spenderne «solo» 61 e mezzo.
Ma mentre infuria la polemica sui tagli dei grandi manager di Stato, mentre è bufera sul numero uno delle Ferrovie Mauro Moretti e i suoi 873mila euro lordi l'anno, tutto tace sulla Corte costituzionale.
C'è oro negli stipendi degli alti magistrati delle leggi, che guadagnano il triplo dei colleghi statunitensi e il doppio di quelli britannici: 558mila 165 euro lordi per il presidente (quasi 43mila mensili lordi per 13 mensilità), 465mila 138 euro per ogni membro del collegio (35.779 al mese per 13), quando l'inquilino di fronte sul Colle, Giorgio Napolitano, ha una busta-paga di 239mila 181 euro.
E poi ci sono ricchi benefit. Forse per allontanare lo spettro della spending review, dal primo gennaio è stato cancellato il telefono di casa a spese dello Stato, lasciando solo cellulare e computer portatile. Quanto ai trasporti, oltre a treni, taxi, aerei, navi e aliscafi pagati dalla Corte, ogni giudice ha a disposizione un'auto blu con 2 autisti e naturalmente Viacard e Telepass. Solo nel 2011, mentre l'antipolitica minacciava i forconi, si è deciso di rinunciare alla vettura a vita per i numerosi presidenti emeriti, che la mantengono solo per un anno dopo la fine del mandato. In più, i 15 possono usare una lussuosa foresteria, di un paio di stanze e servizi, nel Palazzo della Consulta o in quello di via della Cordonata.
Ce n'è abbastanza per giustificare qualche risparmio? A fine 2013 l'ultima denuncia dello «scandalo nascosto, il più grande della pubblica amministrazione» è venuta proprio da uno dei più ascoltati consiglieri del premier rottamatore, quel Roberto Perotti docente alla Bocconi che dello scandalo Consulta scriveva: «Pochi hanno il coraggio di parlarne, ma i bilanci parlano da soli». Ecco questo coraggio bisognerà vedere se Renzi ce l'ha.
Dopo centinaia di inchieste e denunce dei mass media, anche Perotti si è accorto e forse dietro di lui il capo del governo, che la nostra Consulta rimane un Palazzo intoccabile, malgrado il confronto con gli omologhi stranieri sia impietoso. In Gran Bretagna, i giudici costituzionali hanno meno della metà dei nostri, ogni anno 217mila euro; negli Usa, un terzo cioè il presidente della Suprema Corte 173mila euro e gli altri 166mila; in Canada 234mila euro vanno al presidente e 217mila ai semplici togati. Proprio Perotti ha calcolato che ogni giorno un giudice costa 750 euro di sole auto blu e che la pensione media è di 200mila euro.
Però, a quanto sembra non ci si può sorprendere, né si può protestare. Uno degli ex presidenti della Consulta, Valerio Onida, alle critiche ha risposto che si tratta di «retribuzione congrua». E ha spiegato: «La legge costituzionale 153 dice che non può essere inferiore a quella del più alto magistrato della giurisdizione ordinaria.

Noi non possiamo cumulare nient'altro, quindi per garantire l'autonomia del giudice è giusto che guadagni in modo da essere indipendente e non a rischio corruzione». A parte il fatto che il primo presidente della Cassazione prende 311mila euro lordi, sarà proprio il caso di evocare la corruzione per difendere la busta paga?

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