
RomaRenzi si inalbera in una lunga lettera alla Stampa: «Una cosa non riusciamo a capire: come si possa ancora insistere con la tiritera Vuole solo logorare Letta». Ma la riga dopo è l'ennesima fucilata al premier: «Se il primo ministro si logora, si logora per le cose che fa. O che non fa». E qualche ora prima aveva detto come la pensa: non fa. «Ha fatto poco. E uso un eufemismo», aveva graffiato. Ancora più chiaro ieri, sul quotidiano di Torino: «Se facciamo la legge elettorale la facciamo per dare una speranza agli italiani e non per logorare il governo. E se Letta si logora è perché governa male non perché c'è un nuovo segretario del Pd». Renzi scalcia a destra (Alfano) e a manca (Letta) ma se la prende un po' se tutto il mondo lo nota. In compenso continua a tirare bordate.
I colpi bassi ad Alfano, Renzi li assesta su molti argomenti: unioni civili, ius soli, legge elettorale e pure sulle questioni prettamente personali. I renziani attaccano il ministro degli Interni sull'affaire Shalabayeva: «Alfano disse in Parlamento che sul caso non era mai stato informato. Il suo ex capo di gabinetto Procaccini ha fornito una ricostruzione molto diversa. A questo punto deve decidere se non sia il caso di aggiornare la sua versione dei fatti», denunciano con un'interrogazione alcuni senatori del Pd. E pure il ministro delle Politiche agricole, l'alfaniana Nunzia De Girolamo, viene messa nel mirino. Il renziano Sandro Gozi lo dice papale papale: «Credo che la De Girolamo non possa restare al suo posto, a meno che non riesca davvero a dare una giustificazione credibile ai fatti riportati dalla stampa. E ora anche una nuova ombra su Alfano, che ovviamente ha complicato tutto il quadro...». Riferimento alla telefonata tra Alfano e Ligresti, del tutto irrilevante dal punto di vista penale, nella quale il primo s'interessava a una casa del secondo da dare a un suo collaboratore. Insomma, botte da orbi.
Alfano dal canto suo si sente accerchiato ma si difende con i denti. Di primo mattino, a Radio Anch'io, risponde attaccando a sua volta: «Le cose fatte sono tante, i mesi pochi e le fibrillazioni tante - ammette il vicepremier - il segretario del Pd (Renzi) e il presidente del Pd (Letta) se vanno d'accordo anche il governo va meglio, se c'è la competizione, la gara su chi mantiene o toglie la sedia all'altro allora il governo va in fibrillazione e le cose si complicano per gli italiani». Poi si toglie qualche sassolino dalla scarpa: «Non si conosce con precisione come Renzi voglia superare il bicameralismo e come voglia cambiare il mercato del lavoro. Noi abbiamo proposte concrete su questi temi, compresa la riforma della legge elettorale, mentre con Renzi siamo ai titoli di apertura dei telegiornali, non nel merito delle proposte». Insomma, solo chiacchiere e distintivo. Quindi parla della squadra di governo: «Una grande ipocrisia quella del rimpasto perché tutti lo vogliono ma nessuno lo dice perché sarebbe antiestetico ammetterlo. Le spinte ci sono e sta a Letta assumersi l'onere di trovare una composizione. Ma la questione principale è nel Pd che deve decidere se riconoscono Letta come premier altrimenti facciano una proposta alternativa al Paese». Esclude un cambio Letta-Renzi alla guida del governo: «Si fa spesso fantapolitica, non mi occupo di scenari imaginifici»; e poi minaccia: «Senza di noi, questo governo non va avanti. Se il governo dovesse paralizzarsi o ci fosse l'arroganza di chi dice vanno avanti solo le proposte del Pd che cozzano con i nostri valori, noi non andiamo avanti». Forse proprio quello che vuole Renzi.
Non è dato sapere se i due, che si sono incontrati all'hotel Bernini a Roma, abbiano discusso anche della vita del governo o solo di legge elettorale. Tema peraltro spinosissimo.