Riccardo Lombardi - Favorì l'ascesa di Craxi ma previde la fine del Psi con 10 anni di anticipo

Ingegnere prestato alla politica, da ragazzo aderisce al Partito popolare italiano. Tra i fondatori del Partito d'Azione, in seguito aderisce al Partito socialista italiano di cui diverrà uno dei leader

Riccardo Lombardi - Favorì l'ascesa di Craxi ma previde la fine del Psi con 10 anni di anticipo

Già anziano e malandato partecipa ad riunione di partito, il 30 giugno 1984, gelando tutti con una frase: “Un Psi così non ha ragione di esistere”. Aggiunge che in quel momento vi sono più socialisti in carcere che sotto il fascismo. Una provocazione bella e buona quella di Riccardo Lombardi, che non va giù a Bettino Craxi, allora capo del governo e leader socialista, e ai suoi fedelissimi. Una frase che, però, per certi versi anticipa la grave crisi che da lì a poco avrebbe spazzato via i partiti della Prima Repubblica con Tangentopoli.

Lombardi nasce il 16 agosto 1901 a Regalbuto, in quel periodo in provincia di Catania, poi verrà aggregata a Enna. È figlio di Gustavo, un tenente dei carabinieri di origini toscane, e di Maria Marraro, figlia di un notabile del luogo. Rimasto orfano di padre a soli tre mesi di vita, studia da Gesuiti, prima ad Acireale e poi a Catania. Dopo il liceo si iscrive a Ingegneria, che terminerà – nel triennio finale – al Politecnico di Milano. È proprio nel capoluogo lombardo che si avvicina alla politica, aderendo al Partito popolare italiano a soli 18 anni. Con l’avvento del fascismo partecipa ad alcune azioni degli Arditi del popolo, che tentano di opporsi con la forza agli squadristi fascisti.

Riccardo Lombardi

Al contempo, dopo aver iniziato a lavorare come ingegnere per una ditta olandese di pompe idrauliche, continua il proprio impegno politico distribuendo volantini destinati agli operai. Per questa attività viene picchiato e arrestato e finisce nella cerchia dei sovversivi da tenere sotto sorveglianza. Negli anni Trenta, mentre in Italia il fascismo miete ampi consensi, studia le teorie economiche di Keynes e, distaccandosi dal marxismo (suo secondo amore dopo il cattolicesimo popolare), si orienta verso il socialismo liberale e il movimento Giustizia e libertà dei fratelli Rosselli. È tra i fondatori del Partito d’Azione e, nel 1943, partecipa alla nascita del Comitato di liberazione nazionale per l’Alta Italia. Insieme ad altri esponenti del comitato incontra Mussolini, nella sede dell’arcivescovado milanese, per chiedergli la resa. Liberata Milano, assume la carica provvisoria di prefetto.

Riccardo Lombardi

Inizia così la sua carriera di servitore dello Stato, che presto si sposta sul piano politico. Viene nominato ministro dei Trasporti nel primo governo De Gasperi, dovendosi occupare di un tema centrale per un Paese letteralmente distrutto dalla guerra: ripristinare le vie di comunicazione, strade e ferrovie.

Sarà, quella, la sua unica esperienza come ministro. Forse per l’eccessiva rigidità-spigolosità che lo porta a rigettare qualunque compromesso? Nel 1946 viene eletto all’Assemblea costituente. Nel giro di un anno il partito che ha contribuito a fondare fallisce miseramente, sciogliendosi come neve al sole. A quel punto Lombardi aderisce al Partito socialista, dove porterà avanti, sino alla fine, il suo lungo impegno politico.

Appena entrato nel Psi è d’accordo con l’alleanza del Fronte popolare (Psi+Pci), pur vedendo in malo modo la lista unica in vista delle Politiche del 1948. In sede di congresso straordinario prevale la linea autonomista e Lombardi, che ne è autorevole esponente, ottiene l’incarico di dirigere l’Avanti!, il giornale di partito. Pietro Nenni, che in quel periodo è più spostato a sinistra, in breve tempo riprende le redini del partito insieme a Rodolfo Morandi, e Lombardi deve lasciare il timone del quotidiano. Si concentra allora sul lavoro di parlamentare, mettendosi a capo fitto nello studio di diversi temi legati all’economia e al lavoro. Nel 1956 la svolta: l’Unione sovietica invade l’Ungheria e una parte dei socialisti autonomisti prende con sdegno le distanze dai carri armati di Mosca, scegliendo la strada dell’autonomia dal Pci.

Nonostante questo Lombardi non accetterà mai l’etichetta di anticomunista, preferendo definirsi acomunista, nella malcelata speranza di poter portare avanti battaglie condivise con il Pci.

Pertini e Lombardi

Tra gli esponenti del suo partito tra la fine degli anni Cinquanta e i primi dei Sessanta è tra i più convinti nella necessità di lanciare una collaborazione con i cattolici, per realizzare le riforme di modernizzazione e sviluppo di cui il Paese ha bisogno. Segna la strada, con le sue idee, per l’avvicinamento tra Dc e Psi, fino alla nascita del centrosinistra, grazie anche al lento prevalere, nella Dc, di una corrente favorevole all’interventismo dello Stato nell’economia. Energia elettrica nazionalizzata e nuova legge urbanistica i suoi cavalli di battaglia. I socialisti non entrano subito nel governo di centrosinistra di Fanfani (1962), ma inizialmente lo sostengono astenendosi sul voto di fiducia. Lombardi battibecca duramente con Nenni e questa spaccatura, tutta in seno ai socialisti, rende impossibile far entrare il Psi nel governo, tanto che la Dc vara un monocolore. Nell’esecutivo presieduto da Aldo Moro, quello che sancisce l’ingresso dei socialisti nel governo, Lombardi rimane fermo su posizioni critiche, tornando a vergare i suoi editoriali sull’Avanti!, di cui è tornato al comando.

Che piaccia o no rimane sempre uno spirito libero, spesso controcorrente, anche in seno al suo partito. Partecipa al dibattito politico in ogni sede, senza mai tirarsi indietro rispetto a questioni economiche, diritti civili o dibattiti. Epiteti come “socialista inquieto” non gli fanno né caldo né freddo. Lui semplicemente è un uomo che pensa con la propria testa e dice sempre quello che pensa.

Con i socialisti guidati da De Martino in grave crisi in termini di consensi (per due volte sotto il 10% alle elezioni), stritolati dall’avanzata impetuosa del “compromesso storico” (l’alleanza Dc-Pci) elaborato da Moro, Lombardi si mette di traverso, ancora una volta, favorendo l’ascesa al potere di un quarantenne, Bettino Craxi, esponente della corrente autonomista di Nenni. In realtà questo asse muore subito, perché dopo averne favorito la scalata al partito Lombardi prende le distanze da Craxi.

Lombardi e Craxi

Si va avanti per 4 anni finché, nel 1980, con un compromesso il partito ritrova l’unità e, con Craxi sempre in sella come segretario, Lombardi viene eletto presidente. Ma questo nuovo equilibrio dura pochissimo: Lombardi, ancora insofferente, lascia la poltrona e se ne va. Anche s la sua corrente, la cosiddetta “sinistra lombardiana”, ormai fa parte a tutti gli effetti della maggioranza craxiana.

Lombardi è rimasto solo, ancora una volta, e non gradisce affatto lo scontro all’arma bianca tra socialisti e comunisti, che ormai fa parte dell’attualità. Morirà a Roma il 22 settembre 1984.

Poco prima di andarsene la profezia sinistra sul suo partito, che nel giro di pochi anni sarà letteralmente spazzato via dalle inchieste giudiziarie.

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