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Rifiuti e consulenze d'oro, arrestato Malinconico

Napoli È servito a tracciare le mazzette, più che i rifiuti, il Sistri, il sistema di «identificazione» e monitoraggio di contrasto alle ecomafie finito al centro di un'inchiesta della Procura di Napoli che ha portato all'arresto di 22 persone e all'emissione di quattro provvedimenti per misure alternative.
Le manette sono scattate per professionisti, uomini d'affari, faccendieri e sfaccendati che avrebbero succhiato dalle mammelle del ministero dell'Ambiente almeno settanta milioni di euro per un progetto partito solo virtualmente, ma comunque fatturato da società cartiere e aziende compiacenti. Arrestato, ma ai domiciliari, l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Malinconico, già nei guai per la nota vicenda delle vacanze pagate dalla «cricca» all'hotel Pellicano all'Argentario (10mila euro per tre giorni); in carcere Sabatino Stornelli, ex ad di Selex Service Management (Finmeccanica), suo fratello Maurizio e l'imprenditore Francesco Di Martino.
A tradire Malinconico sarebbero stati due contratti di consulenza da 500mila euro ciascuno (un milione di euro in totale) con società riconducibili a Stornelli e Di Martino, i soggetti che materialmente avrebbero lucrato sui lavori per il mega-appalto da 400 milioni di euro grazie a un complesso gioco di scatole cinesi e a labirintici giri di documenti contabili fasulli (alcuni dei quali intestati a una scuola gestita da suore a Castellammare di Stabia, nel Napoletano). Quegli incarichi, per i pm, sarebbero stati la ricompensa di Malinconico per i pareri positivi sull'appalto da lui espressi in qualità di esperto di fiducia del ministero dell'Ambiente e di presidente della commissione di vigilanza (pareri, questi, prestati dall'ex sottosegretario a titolo gratuito). L'avvocato di Malinconico, Paola Balducci, ha però sottolineato che nessuna consulenza è mai stata effettuata dall'ex sottosegretario e che nessun compenso è stato incassato. Nel rapporto tra ministero e Selex non erano previsti subappalti. Eppure, tantissimi ne sarebbero stati affidati, secondo l'accusa, violando il contratto e dando, così, la possibilità agli imprenditori coinvolti di creare delle enormi provviste finanziarie in nero cui attingere in caso di necessità per pagare le tangenti. In realtà, dell'appalto per il Sistri si è sempre saputo poco per la scelta dell'allora ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio di apporre il segreto di Stato al progetto. Provvedimento (poi revocato dalla Prestigiacomo dopo la derubricazione in segreto amministrativo) che il gip di Napoli ha ricondotto esclusivamente alla necessità di affidamento diretto dell'appalto alla società del Gruppo Finmeccanica.
Nel calderone dei magheggi contabili, i pm hanno ritrovato di tutto: dalle fatture per cucine alle ristrutturazioni per ville ai Parioli, ai pavimenti «a biscotto».

I soldi non erano un problema, in questa storia, se si considera che il ministero dell'Ambiente rimborsava con 48 euro una penna usb che ne costava appena due.

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