Il governo ha varato ieri il disegno di legge per la riforma (di fatto l'abolizione) del Senato che dovrà mettere fine a sprechi di denaro, perdite di tempo e inefficienze. Una botta alla casta non da poco. Non mi faccio illusioni sul fatto che vada in porto. Perché diventi legge servono due passaggi al Senato e due alla Camera con maggioranze qualificate. Di fatto, salvo miracoli, una missione impossibile. Eppure oggi è ugualmente un bel giorno. La cosa ci deve mettere di buon umore e non solo perché qualcuno almeno ci prova.
Sentire il premier Renzi in conferenza stampa rivendicare il patto con Berlusconi (precursore di questa riforma) e mandare a quel paese i tromboni che da anni infestano e paralizzano la Repubblica è fatto davvero nuovo e musica per le nostre orecchie. A chi mi riferisco? A quegli intellettuali e tecnici che subito si sono messi di traverso alla riforma con la spocchia classica di chi non sapendo fare non vuole che si faccia. Dal presidente del Senato Grasso (un magistrato arruolato dal Pd e miracolato poi dalla politica) a quel Gustavo Zagrebelsky che pontifica su tutto dal pulpito della presidenza di Libertà e giustizia, un clubbino nato per abbattere Berlusconi tanto caro a Oscar Luigi Scalfaro e a Gad Lerner. Da Mario Monti, l'economista che ha trascinato l'Italia nella palude delle tasse e della recessione a Stefano Rodotà, comunista accademico del tutto tanto caro agli ultrà grillini.
Nei momenti difficili, e questo è tale, Renzi si aggrappa all'accordo sulle riforme con Berlusconi: sarò leale - ha detto ieri il premier - e sono certo che anche lui lo è. Il messaggio, oltre che ai tromboni, è anche ai suoi senatori. Se qualcuno di loro si metterà di traverso, tutti a casa. Il rischio c'è, perché a sinistra stanno uscendo di testa. Abolire il Senato elettivo, il bicameralismo e le province è un colpo duro per chi ha fatto dello Stato controllore e invadente la stella polare.
È una questione di poltrone che svaniscono ma ancora prima di cultura politica: i riti, i bizantinismi, la paura di fare sono cancri difficili da sradicare dopo anni di inciuci a tutti i livelli. E poi l'ossessione che torna. Si chiama Silvio Berlusconi, e quella di ieri è indiscutibilmente una sua vittoria personale, speriamo non di Pirro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.