Rimborsi elettorali, Italia sprecona Londra spende 25 volte di meno

In Inghilterra la spesa annuale è di 12 milioni di euro da noi di 289. In Spagna un tetto a 82 milioni. Ecco come funzionano i finanziamenti all'estero

Rimborsi elettorali, Italia sprecona Londra spende 25 volte di meno

E altrove? Di più, ma sempre meno che qui. L’Italia ha il record di spesa pubblica per rimborsi elettorali. «La démocratie n’a pas de prix, mais elle a un coût...», la democrazia non ha prezzo ma costa, dicono i francesi. Ma a loro costa meno che a noi. Basti pensare che la campagna elettorale di Nicolas Sarkozy alle presidenziali del 2007 – la più importante tornata elettorale in Francia – è costata alle casse pubbliche francesi, in rimborsi, complessivamente 10.783.200 euro. Cioè meno della metà di quanto ha ricevuto l’Udc solo per il 2008 (25.895.850 euro). Il finanziamento annuale dei partiti francesi ammonta a 80 milioni. Quando si vota il costo sale, e così se prendiamo come base il 2007, anno in cui si sono tenute le presidenziali e le legislative (cioè le politiche), otteniamo la cifra totale di 160 milioni come spesa complessiva dello Stato francese per i partiti, risultante dalla somma di 44 milioni (costo delle presidenziali), 43 milioni (rimborsi per le legislative) e 73 milioni di finanziamento pubblico fisso. Molto meno dei nostri 289 milioni.
La Spagna? Meno, meno, meno. Nel 2011 è stato previsto un finanziamento ai partiti spagnoli pari a 82.354.480 euro. Aggiungiamoci i rimborsi per le elezioni (21mila euro a seggio), altri 15 milioni di euro l’anno per i gruppi parlamentari (in Italia i milioni sono 70) e 8 milioni di euro ministeriali per le fondazioni partitiche. Sommando i rimborsi elettorali presi dai partiti spagnoli nel 2011 al finanziamento pubblico, in Spagna siamo a 131 milioni di euro in un anno. La metà dei nostri.
Sì ma in Germania, dove ci sono le fondazioni politiche generosamente finanziate dallo Stato? Se consideriamo i partiti, siamo anche qui a meno. In Germania, Stato con una popolazione di 23 milioni di persone in più rispetto a quella italiana, la legge stabilisce un limite assoluto ai contributi annuali federali: il finanziamento pubblico complessivo non può superare i 133 milioni di euro (e in effetti, nel 2010, è stato pari a 125 milioni euro). Le fondazioni politiche prendono un sacco di soldi (328 milioni di euro nel 2011), ma con una serie di regole tra cui: non avere come dirigenti uomini di partito, divieto di finanziare il partito, obbligo di usare i soldi per progetti precisi, obbligo di pubblicare sui siti internet i bilanci e l’elenco delle entrate e delle uscite. Niente a che vedere con le quasi cento fondazioni di partito italiane, che ricevono milioni di euro ma senza doveri di rendicontazione.
Poi c’è il famoso modello americano (che inizialmente il segretario del Pdl Alfano ha detto di voler seguire per la bozza di riforma della legge sul finanziamento dei partiti). Negli Usa lo Stato finanzia solo le elezioni presidenziali, con i soldi delle donazioni volontarie dei contribuenti nelle dichiarazioni dei redditi.
Nel 2008 la campagna di Obama non è costata neanche un cent ai contribuenti, grazie ad un ingente finanziamento pubblico, mentre lo sfidante John McCain ha beneficiato di 84 milioni dello Stato federale.

In totale? Le più importanti elezioni della prima potenza mondiale sono costate, nel 2008, 135 milioni di dollari, pari a 100 milioni di euro. Cioè quanto una sola rata annuale del rimborso per i partiti eletti alle Camere italiane.

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