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Robledo, altre accuse; "Bruti sul caso Ruby mentì pure al Csm"

Nuova denuncia del pm: ha detto il falso sul fascicolo affidato alla Boccassini. E cita come testimone l'ex marito di Ilda

Robledo, altre accuse; "Bruti sul caso Ruby mentì pure al Csm"

E adesso il sentiero diventa davvero impervio per chi, dentro il Consiglio superiore della magistratura, punta a chiudere il «caso Milano» ribaltando le carte e trasformando l'accusatore in accusato. Dai documenti che in questi giorni il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha inviato al Csm per dimostrare che il procuratore Edmondo Bruti Liberati gestisce la Procura violando regole, competenze e trasparenza, emergono nuovi dettagli difficilmente contestabili. Se Magistratura democratica pensava di archiviare la pratica salvando Bruti e affossando Robledo, dovrà prima rispondere ad una serie di domande. Tra le più interessanti: come è possibile che di fatto Robledo sia stato sottoposto a una indagine da parte dei suoi stessi colleghi, che puntavano a scoprire come si fosse procurato i documenti a sua difesa inviati al Csm? In una Procura dove da sempre circola di tutto, si sono dedicati tempo ed energie per scoprire dove Robledo avesse trovato le carte dell'inchiesta sul San Raffaele, una delle indagini finite al centro del suo esposto al Csm.

Dopo l'indagine interna, i vertici della Procura hanno dovuto prendere atto che Robledo aveva semplicemente fatto richiesta formale di acquisire gli atti al giudice titolare del caso San Raffaele, e il giudice lo aveva autorizzato a fare copia. Nulla di illegale, insomma. Ma anche questo va a finire nel calderone di veleni che in queste settimane manda i suoi vapori nei corridoi del quarto piano del palazzo di giustizia milanese, e rischia di rendere irrespirabile il clima. Che Robledo e Bruti possano continuare a convivere è impensabile. Ma se il Csm liquidasse la faccenda cacciando da Milano Robledo darebbe la conferma più eclatante proprio di quanto il procuratore aggiunto ha cercato di portare alla luce col suo esposto: la prevalenza della logica delle correnti, e lo strapotere di Magistratura Democratica.

Sul tavolo del Csm ci sono carte che non potranno essere ignorate: come la lettera della Guardia di finanza che smentisce (e sarebbe singolare ipotizzare che lo faccia su ordine di Robledo) la storia del «doppio pedinamento» raccontata da Ilda Boccassini, che accusava il collega di avere intralciato le sue indagini su Expo: «Non si sono registrati episodi di sovrapposizione operativa con personale della sezione di polizia giudiziaria», scrivono i comandi della Gdf. E da ieri a Roma ci sono anche le nuove carte inviate da Robledo, in particolare sul tema scottante dell'inchiesta Ruby, di cui Ilda Boccassini si sarebbe di fatto impadronita col placet di Bruti.

Robledo accusa Bruti di avere «resa al Csm una dichiarazione del tutto difforme dall'effettivo svolgimento dei fatti», ovvero di avere mentito nel corso della sua audizione, quando il procuratore spiegò che il fascicolo sulle notti di Arcore era stato assegnato alla Boccassini con il beneplacito del magistrato che in quel momento avrebbe dovuto coordinarlo, ovvero il procuratore aggiunto Alberto Nobili.

«È invece noto in via diretta allo scrivente - si legge nella missiva di Robledo - che il collega Nobili non è mai stato interpellato sul punto né richiesta la sua opinione. Il collega Nobili venne meramente informato della decisione che era già stata presa dal Procuratore, della quale si limitò a prendere atto senza interloquire o commentare in alcun modo». Dal tenore della lettera, si intuisce che a smentire la versione di Bruti è stato lo stesso Nobili, di cui infatti Robledo chiede l'audizione al Csm: mettendolo in posizione delicata, perché Nobili da tutto questo pasticcio si è finora sempre tenuto alla larga.

E soprattutto perché è l'ex marito di Ilda Boccassini.

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